Se le donne reagiscono diversamente ai farmaci e sono più soggette o meno ad alcune malattie è perché le loro cellule sono più resistenti e si adattano meglio, riuscendo a sopravvivere di più di quelle maschili sotto stress ambientale e farmacologico. Lo rivela uno studio dell'Istituto superiore di sanità (Iss) e l'università di Sassari, presentato a un convegno sulla salute di genere. Le cellule del corpo dell'uomo e della donna sono dunque diverse non solo per i cromosomi ma anche per il loro destino. Se le cellule maschili (xy) hanno un comportamento stereotipato, perché non riescono ad adattarsi sotto stress ambientale e farmacologico ed evolvono verso la morte cellulare (apoptosi), quelle femminili hanno una maggiore plasticità e riescono ad adattarsi meglio.
''Possono infatti riorientarsi - spiega Stefano Vella, direttore del dipartimento del farmaco dell'Iss - e cambiare forma senza perdere la loro vitalità ed energia. Per non morire compiono una sorta di cannibalismo, mangiando alcuni loro componenti per ricavare fonti energetiche per sopravvivere''. Tutto ciò dimostra, aggiunge Monica Bettoni, direttore generale Iss, ''che i risultati della ricerca scientifica ottenuti sull'uomo non possono essere automaticamente trasferiti alla donna. Le cellule maschili evolvono verso una morte programmata, mentre quelle femminili verso l'invecchiamento. E altro esempio di differenze di genere, lo rivela il fatto che le reazioni avverse ai farmaci concorrono al 6% delle ospedalizzazioni''.
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