Continua la caccia ai geni che accendono la vitiligine, malattia dermatologica caratterizzata dalla perdita della pigmentazione al volto, sulle mani e in altre aree cutanee. Uno studio multicentrico che ha coinvolto centri di eccellenza statunitensi ed europei, nonché l'Istituto San Gallicano di Roma, fornisce nuove basi per la definizione del substrato genetico dei soggetti con aumentata probabilità di ammalarsi del disordine della pigmentazione cutanea. I ricercatori, nello studio che ha guadagnato le pagine di 'Nature Genetics', hanno reclutato un ampio numero di pazienti e di soggetti di controllo di origine europea e li hanno sottoposti allo screening del genoma per rivalutare il coinvolgimento specifico di alcuni geni, identificati in un precedente studio, nel determinare un'aumentata suscettibilità alla vitiligine nei pazienti selezionati.
Gli scienziati hanno trovato nelle persone affette da vitiligine delle variazioni in dieci geni coinvolti nella risposta immune, e in particolare in quelli, come FOX-1, che regolano l'espressione genica e la funzione delle cellule T e di proteine chiave in questo meccanismo
di difesa. La risposta immune, infatti, è un fattore protettivo in condizioni normali, ma nella vitiligine può provocare un eccessivo aumento di aggressività delle cellule del sistema immunitario. Queste alterazioni, insieme ad altri fattori come lo squilibrio delle capacità antiossidanti e la presenza di un assetto lipidico suscettibile allo stress ossidativo e in grado di influenzare la funzionalità della membrana cellulare, contribuiscono a provocare nelle persone affette da vitiligine la morte dei melanociti, ossia le cellule preposte alla sintesi della melanina, il pigmento che dà il colore alla pelle. I geni alterati nei pazienti sono coinvolti anche in altre malattie autoimmuni, in particolare quelle epidemiologicamente associate alla vitiligine. "L'aumento del rischio relativo per ciascun gene identificato - spiega Mauro Picardo, coordinatore della task force europea sulla vitiligine e direttore del Laboratorio di fisiopatologia cutanea - è relativamente modesto, ma l'indicazione sul possibile ruolo nella patogenesi della malattia e nella possibile identificazione di sottogruppi di pazienti è molto importante e potrebbe fornire gli spunti per sviluppi delle attuali terapie".
Fonte: Adnkronos
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