Dal nord al sud dello stivale le sensazioni e i riscontri sono gli stessi: nelle pazienti c'è grande confusione e medici sono dieci, cento volte più tesi. A raccontarlo sono gli stessi ginecologi che lavorano negli ospedali italiani, grandi, piccoli o medi che siano. 'Le pazienti sono confuse - spiega Claudio Giorlandino, presidente della Società italiana di medicina materno-fetale - perché registrano una grossa dicotomia tra ciò che si dice e ciò avviene. Da un lato infatti si dice che in Italia si fanno troppi cesarei, ma gli episodi riportati in questi giorni di clamore mediatico si sono verificati perché il cesareo non è stato fatto o lo si è deciso troppo tardi. C'è una pressione ingiustificata e un attacco esasperato. I politici dovrebbero rimanere fuori dalla sala parto.
La pressione sul parto naturale sta demonizzando il cesareo'. Anche Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ostetricia e ginecologia (Sigo), conferma queste sensazioni. 'Da più giorni - racconta - sto raccogliendo confusione, incertezza e preoccupazioni da tutti i colleghi che lavorano in 'periferia'. Tutti chiedono di definire le regole. La cosa positiva è che questi episodi di cronaca hanno permesso di mettere in moto processi per modificare la situazione dei punti nascita, come da tempo chiedevamo'. Ma a lavorare sotto tensione e grande pressione i ginecologi sono abituati a farlo da tempo. 'A quasi tutti i medici nella loro carriera - racconta Luigi Merico, dirigente di secondo livello del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Perrino di Brindisi - prima o poi capita di subire un procedimento penale, e quindi si è un po' sempre sul chi va là. Da anni lavoriamo così'. Anche all'azienda ospedaliera universitaria di Cagliari, dove convergono molte gravidanze a rischio, e dunque i medici sono 'abituati a queste situazioni - spiega Gian Benedetto Melis, ex responsabile della struttura di ginecologia e ora direttore sanitario dell'ospedale - la mattina si arriva tesi e attenti.
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