Circa 10 anni fa è stato ideato lo studio UKPD che ha dimostrato la efficacia del trattamento ipoglicemizzante “intensivo” nei pazienti con recente diagnosi di diabete mellito tipo II rispetto al trattamento conservativo. Nello studio originale i pazienti inclusi nel braccio intensivo venivano trattati con una sulfonilurea se “magri” e con la metformina se “obesi”. I pazienti con controllo glicemico intensivo avevano una minore probabilità di sviluppare infarto o stroke al follow up.
Durante il congresso della società europea di diabetologia, appena concluso,è stato presentato una nuova versione del lavoro che ha valutato ulteriori 10 anni di follow up dei pazienti inclusi nello studio per evidenziare eventuali effetti a lungo tempo della strategia terapeutica del protocollo. Contemporaneamente il lavoro è stato pubblicato sulla rivista New England Journal of Medecine. I pazienti, durante il follow up “esteso” non seguivano trattamenti diversi “per protocollo” ma venivano tutti seguiti con controlli periodici nei centri antidiabetici partecipanti. Il risultato è stato che l'assegnazione originaria al gruppo di trattamento intensivo della glicemia per la durata dello studio originale ha prodotto una riduzione durevole sia dei parametri biologici legati direttamente al diabete ma sopratutto ha eventi microvascolari ( infarto miocardico e stroke).
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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