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In Italia troppi centri di cardiochirurgia. Diabete, sarà l’epidemia dei prossimi 20 anni

Cardiologia | 10/11/2010 09:48

In Italia ci sono troppi centri di cardiochirurgia, che andrebbero razionalizzati sia per diminuire i costi che per la sicurezza dei pazienti. Lo hanno affermato gli esperti della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca in chiusura del congresso nazionale a Roma. Secondo i numeri presentati sono 107 i centri abilitati, che effettuano circa 40mila interventi l'anno: "Questi sono nati tutti senza una programmazione, e soprattutto in tempi di crisi dovrebbero essere razionalizzati - ha affermato il presidente uscente della Sicch Alessandro Mazzucco - si pensi che in Germania sono 80. Si dovrebbe stabilire un numero minimo di interventi l'anno tra i 500 e i 1000, rapportato alla popolazione a rischio, e una sessantina di centri sarebbe sufficiente".

D'accordo anche il nuovo presidente della Società, Antonio Calafiore, che ha ricordato come la cardiochirurgia italiana sia ai primi posti in Europa per qualità: "La decisione di tagliare non è mai stata presa - ha aggiunto - anche per effetto di corporativismi locali". Più razionalità sarebbe necessaria anche per le scuole di specializzazione: "Il Ministero della Ricerca sta chiudendo diverse scuole - ha sottolineato Mazzucco - e di per se' questo potrebbe essere un male, ma andrebbe fatto con l'aiuto di chi conosce la disciplina. Una possibilità sarebbe ad esempio di riunire i corsi di chirurgia cardiaca, vascolare e toracica, che ora sono divisi". Un discorso analogo vale per la chirurgia pediatrica: "Ogni anno nel nostro paese sono 4500 i bambini che nascono con una cardiopatia congenita, e di questi 3500 subiscono un intervento chirurgico, metà durante il primo anno di vita - ha spiegato Sonia Albanese, presidente della sezione di chirurgia pediatrica della Sicch - in Italia ci sono 16 centri abilitati, e anche qui sarebbe necessaria una razionalizzazione".

Preoccupa invece il fronte diabete che  sarà l'epidemia dei prossimi 20 anni, così come nei 20 appena trascorsi lo è stato l'Aids. A lanciare l'allarme sono stati  nutrizionisti e diabetologi, tra cui Giuseppe Fatati, presidente dell' Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), che ha presentato al Senato il suo libro 'La prevenzione inizia a tavola.

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Diabete, starbene mangiando'. 'Il problema più allarmante - ha spiegato Fatati - è l'evoluzione che la diabesità potrebbe avere nei prossimi anni. Il numero globale dei diabetici è infatti destinato a salire dagli attuali 246 milioni a 380-400 milioni nel 2025. Combattere la diabesità è la sfida del XXI secolo, diffondendo una cultura della salute fondata su stili di vita sani, primo fra tutti una corretta alimentazione'. Da qui l'idea di realizzare un libro che riunisce insieme una guida alimentare e una raccolta di ricette regionali italiane selezionate dall'Adi. 'La parola chiave per alimentarsi in modo corretto - spiega - non è privazione ma equilibrio. Per una corretta educazione alimentare non bisogna demonizzare alcuni cibi o bevande, ma scegliere in modo giusto carboidrati, proteine e grassi senza rinunciare al piacere a tavola'. Da qui l'idea di proporre un viaggio nella tradizione culinaria italiana con gli alimenti base della dieta mediterranea presenti nelle ricette di tutte le regioni, dalla Sicilia alla Val d'Aosta.

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