E' uno dei sintomi più frequenti nella pratica clinica quotidiana, comune a tutto il mondo industrializzato. Nella sua forma cronica, colpisce in Italia il 3% degli studenti delle scuole elementari e medie, prediligendo i piccoli in sovrappeso, con genitori stranieri o fumatori. E' la fotografia scattata dagli esperti riuniti a Parma per l'Expert Forum in pediatria. Quest'anno il Forum è stato infatti dedicato alla tosse, ai percorsi diagnostici per comprenderne la causa e a quelli terapeutici per poterla curare al meglio. In tutte le fasce di età pediatrica la causa più frequente di tosse acuta è rappresentata dalle infezioni a carico delle vie aeree superiori. Generalmente, la tosse tende a risolversi in modo spontaneo in una o due settimane. Nei bambini in età scolare, queste infezioni possono recidivare anche 6-8 volte l'anno, specie durante il periodo invernale, causando episodi acuti di tosse ricorrente che possono in seguito trasformarsi in forme croniche.
"La tosse, nelle forme sia acute sia croniche - ha spiegato Sergio Bernasconi, direttore della Clinica pediatrica dell'Università di Parma - rappresenta uno dei sintomi più frequenti nella pratica clinica quotidiana. In Italia un ampio studio epidemiologico su oltre 20 mila bambini di 6-7 anni di 235 scuole elementari e 16.175 adolescenti di 13-14 anni di 175 scuole medie inferiori, eseguito in 9 regioni, tra cui l'Emilia Romagna, ha evidenziato una prevalenza di tosse cronica in circa il 3% della popolazione studiata, con maggiore prevalenza nei bambini con genitori stranieri, con genitori fumatori e nei bambini in sovrappeso. Negli Stati Uniti invece si calcola che la tosse colpisca circa un quarto dei bambini in età scolare e prescolare e sia il motivo di oltre il 2% delle visite ambulatoriali pediatriche. Da questi dati epidemiologici si può facilmente comprendere l'elevato costo sociale ed economico del fenomeno". L'obiettivo del Forum è quello di arrivare a linee guida diagnostiche e terapeutiche condivise che permettano un approccio razionale e omogeneo al problema, sia alla pediatria territoriale sia a quella ospedaliera. La collaborazione tra queste due realtà permette ai pediatri di famiglia, che operano in prima linea, di beneficiare delle esperienze dei loro colleghi specialisti, particolarmente dedicati a questo disturbo, anche sul piano della ricerca e dell'innovazione.
Fonte: Adnkronos
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