Sono scritti nel Dna i segreti della cura vincente contro la pressione alta, 'killer silenzioso' che rappresenta il primo fattore di rischio per cuore e arterie e colpisce circa 15 milioni di italiani (il 30%) con 240 mila morti all'anno (il 40% del totale decessi). In uno studio pubblicato su "Science Translation Medicine", i ricercatori italiani dell'azienda Prassis (gruppo Sigma-Tau) e dell'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano hanno dimostrato la validità di un nuovo approccio terapeutico farmacogenomico nella lotta all'ipertensione. Protagonista del lavoro il rostafuroxin, una molecola intelligente capace di 'spegnere' selettivamente l'effetto di due mutazioni genetiche che fanno impennare i livelli pressori.
La strategia definita dagli studiosi per battere l'ipertensione e le sue complicanze potenzialmente mortali - spiega una nota congiunta di Irccs San Raffaele e Prassis/Sigma-Tau - si basa sull'identificazione di specifici meccanismi genetico-molecolari che entrano in gioco in sottogruppi omogenei di pazienti. La strada per curarli, quindi, si fonda sullo sviluppo di farmaci innovativi capaci di correggere i meccanismi target senza interferire con i processi fisiologici che regolano la pressione arteriosa. Un passo avanti che parla italiano, contro una malattia legata a doppio filo con infarto miocardio, ictus, scompenso cardiaco, insufficienza renale e conseguenze del diabete. Una vera e propria pandemia, se si pensa che soffrono di ipertensione oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo, con 7 milioni di decessi all'anno. E nonostante la disponibilità di terapie efficaci nel ridurre la pressione, a oggi solo un paziente iperteso su 5 è adeguatamente curato. Anche quando il controllo pressorio viene raggiunto, inoltre, la riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare non supera il 30%. I 'nodi' dei trattamenti antipertensivi utilizzati finora - sottolineano gli esperti - dipendono principalmente dalla complessità della malattia che si sviluppa attraverso l'interazione di molteplici fattori genetici e ambientali. Una mancata identificazione dei meccanismi patogenetici che agiscono nel singolo paziente, e la conseguente impossibilità di correggerli con terapie mirate, comporta infatti vari problemi: una ridotta aderenza alla terapia che spesso deve associare farmaci diversi, non privi di effetti collaterali anche importanti, prima di ottenere un buon controllo pressorio che comunque non sempre si raggiunge; la mancanza di un adeguato controllo del rischio cardiovascolare e della mortalità associati alla pressione alta. Il nuovo studio 'tricolore', invece, ha identificato marcatori genetici grazie ai quali è possibile individuare i pazienti che meglio potranno essere curati con "una terapia efficace e priva di effetti collaterali - continua la nota - Il gruppo Prassis Sigma-Tau, impegnato da più di 20 anni nella ricerca di terapie innovative per la cura dell'ipertensione e sue complicanze, ha adottato tale strategia che si può definire farmacogenomica".
Bibliografia: M. Ferrandi, I. Molinari, L. Torielli, G. Padoani, S. Salardi, M. P. Rastaldi, P. Ferrari, G. Bianchi, Adducin- and Ouabain-Related Gene Variants Predict the Antihypertensive Activity of Rostafuroxin. Part 1: Experimental Studies. Sci. Transl. Med. 2, 59ra86 (2010).
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
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