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Sic, il cuore delle donne è in pericolo: le malattie cardiovascolari incidono per il 43% sui decessi femminili. Presentati due importanti studi

Cardiologia Redazione DottNet | 14/12/2010 10:31

Merqurio e lo staff di Dottnet continuano ad aggiornarvi dal Congresso della Sic in programma fino a lunedì 13 dicembre al Cavalieri di Roma. La nostra redazione è impegnata a trecentosessanta gradi per fornire un’ampia informazione sul Congresso, giunto ormai alla settantunesima edizione, informazione che proseguirà anche nei giorni successivi.  Il primo messaggio che arriva dagli specialisti riuniti nella Capitale va alle donne che, secondo i dati diffusi ieri, sono  maggiormente in pericolo. E' il monito che arriva, appunto, dai cardiologi della Sic:  se infarti e ictus sono sempre stati considerati malattie 'maschili', e trattati di conseguenza, negli ultimi anni invece le malattie cardiovascolari sono diventate il killer numero uno per le donne, rappresentando il 43,8% delle morti.

 Negli uomini, peraltro, patologie circolatorie e tumori incidono sui decessi allo stesso modo (35,1 le neoplasie e 34,9 le malattie circolatorie), mentre per le donne queste ultime distaccano il cancro di quasi la metà (i tumori incidono per il 25,6%). In Italia, secondi i dati dell'Agenas, muoiono ogni anno 120mila donne per malattie cardiovascolari, con un trend d'incidenza in discesa per gli uomini e in crescita ''esponenziale'' per le donne. Patologie, appunto, sempre considerate 'da uomini' data la maggiore frequenza in età media, la comparsa in età più giovane rispetto alle donne e l'elevata mortalità. L'incidenza annua di eventi coronarici nella fascia d'età 35-69 anni è in effetti del 5,7 per mille negli uomini e dell'1,7 per mille nelle donne; quella di eventi cerebro-vascolari è di 2,3 per mille negli uomini e di 1,4 per mille nelle donne. Ma per affrontare in modo corretto i problemi circolatori femminili, serve un approccio ''di genere'' che prenda in considerazione, ad esempio, il fatto che le donne vivono più a lungo, che associano più spesso più patologie, che hanno reazioni diverse alle terapie farmacologiche e che la formazione delle placche aterosclerotiche è diversa tra i due sessi, più precoce nell'uomo e meno nella donna, ma accelera dopo la menopausa.

Proprio per questo l'Agenzia in collaborazione con l'istituto superiore di sanità ha messo a punto delle nuove linee guida in rosa per le malattie cardiovascolari 'gender oriented', studiate nell'ambito del Programma strategico nazionale dell'Iss rivolto alla medicina di genere. Il programma, accanto alle linee guida di carattere clinico-organizzativo, prevede anche di realizzare una campagna di informazione rivolta al pubblico, per sensibilizzare in primis le donne dei rischi che corrono, e che spesso non sono tenuti nella giusta considerazione nemmeno dagli specialisti. Vediamo adesso due studi presentati al Congresso:

ALTERAZIONE DI REGOLAZIONE DEL MICROCIRCOLO CORONARICO E SUE INTERAZIONI COL METABOLISMO MIOCRADICO

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Il Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Respiratorie de ‘La Sapienza’, diretto da Francesco Fedele, ha concluso uno studio rivolto alla comprensione delle alterazioni di regolazione del microcircolo coronarico e delle interazioni tra questo e il metabolismo miocardico. L’attenzione è stata rivolta non solo alle lesioni aterosclerotiche a carico dei grossi vasi coronarici ma anche alle alterazioni alla base del mancato “dialogo” tra richieste metaboliche del cuore e possibilità di apporto di sangue per disregolazione microcircolatoria. Normalmente deputati a questo “dialogo” sono alcuni canali ionici del potassio e del sodio che a livello della muscolatura liscia vasale risentono delle modifiche di concentrazione di ossigeno a livello tissutale miocardico. I risultati della Scuola romana dimostrano una differenza a livello del polimorfismo genetico per questi canali confrontando i pazienti sani con quelli con ischemia miocardica, sia quelli con stenosi coronariche sia quelli senza stenosi coronariche angiograficamente evidente. Questi dati possono essere alla base di una nuova rivoluzione copernicana creando un nuovo approccio allo studio della fisiopatologia della cardiopatia ischemica non solo esclusivamente focalizzata alla malattia dei grossi vasi coronarici ma anche alla valutazione del microcircolo coronarico in termini di funzionalità dei canali ionici del sodio e del potassio e della caratterizzazione dei relativi polimorfismi genici.

FIBRILLAZIONE ATRIALE E CARDIOPATIA ISCHEMICA: NUOVI FARMACI E ALTA TECNOLOGIA

Durante il Congresso SIC sono state affrontate tematiche estremamente attuali in tema di nuove strategie farmacologiche per la gestione dei pazienti con fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica cronica. Per quanto riguarda i pazienti con fibrillazione atriale, l’aritmia  più frequente in termini epidemiologici (con una prevalenza in Europa di 11,5%), spesso sottovalutata e misconosciuta per la paucisintomaticità, sono disponibili nuovi farmaci per il controllo delle recidive e per il mantenimento del ritmo sinusale (vedi Dronedarone), nonché volti a ridurre il rischio tromboembolico, estremamente più sicuri e manegevoli, tanto da poter essere impiegati senza il continuo controllo dei valori di coagulazione ematica (vedi Dabigatran). Si comprende come i pazienti in fibrillazione atriale potranno giovarsi di questi trattamenti che riportano la fibrillazione atriale ad essere una aritmia relativamente benigna per le possibilità di controllo della frequenza cardiaca, del ritmo e per la capacità di riduzione degli eventi cardioembolici. Anche sul versante della cardiopatia ischemica cronica sono a disposizione nuovi farmaci (vedi Ranolazina) che inibendo a livello dei canali ionici del sodio gli effetti dell’ischemia miocardica ripristinano la normale contrazione ed il normale rilasciamento miocardico con effetti positivi sulla funzione ventricolare e, indirettamente, anche sulla circolazione coronarica. L’impiego di tali farmaci, da soli, in associazione alle procedure interventistiche e nei casi non riva scolarizzabili, offre una nuova opportunità terapeutica per il trattamento di pazienti sofferenti di angina pectoris cronica.

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