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Oms, per il cesareo presto arriverà il tetto personalizzato. Il parto tradizionale fa paura per il dolore

Ginecologia Redazione DottNet | 07/09/2011 17:40

Nel 1985 L'Organizzazione mondiale della sanita' (Oms) aveva fissato un tetto massimo di parti cesarei che era consigliabile eseguire in un ospedale: il 15%. Oggi pero' le cose non sono piu' come allora, e gli esperti stanno pensando non tanto di fissare una nuova soglia, quanto di stabilire dei parametri per rendere il tetto 'personalizzato'. Come ha spiegato Mario Merialdi, direttore area ricerca del Dipartimento salute riproduttiva dell'Oms, dal 1985 ''sono passati diversi anni, e nel frattempo il mondo e' cambiato. Ora stiamo rivedendo questo tasso, e presenteremo una nuova indicazione al congresso mondiale di ostetricia e ginecologia che si terra' a Roma nel 2012''.

Se il tetto di cesarei sara' rivisto in rialzo o in ribasso, pero', e' presto per dirlo: ''E' difficile fare una previsione adesso - ha detto l'esperto, a margine della presentazione di un'indagine pubblicata sul settimanale Io Donna -. Questa revisione e' un lavoro che abbiamo iniziato gia' da diversi anni, abbiamo accumulato una serie di dati a livello internazionale e stiamo ancora raccogliendo dati in collaborazione con 24 Paesi del mondo. Io penso si andra' verso una raccomandazione piu' contestualizzata. Non ci sara' piu' un tasso unico, ma probabilmente una serie di metodologie che permettano ai Paesi e ai Ministeri della Sanita' di quantificare quelli che sono i tassi di taglio cesareo appropriati in diversi ospedali''. Una sorta di 'tetto personalizzato', insomma: gli ospedali che accolgono piu' casi critici, ad esempio, potrebbero avere un tetto di cesarei piu' elevato rispetto a una struttura che invece fa soprattutto parti senza complicanze. Un altro dato da considerare e' che sempre piu' donne extracomunitarie partoriscono in Italia; e loro possono avere indicazioni al parto cesareo, mediche o di tipo socio-culturale, diverse da quelle delle italiane.

Anche perche', secondo alcuni dati di un'indagine condotta in Emilia Romagna, ''il fatto di essere extracomunitarie e' in qualche modo 'protettivo' nell'evitare il cesareo. Questo forse - conclude Merialdi - perche' e' possibile che ci sia meno accesso alle strutture private, dove e' piu' facile che si faccia questo intervento, ma anche perche' le extracomunitarie di solito sono donne piu' giovani e non hanno le stesse richieste che avrebbe ad esempio una donna manager italiana di 40 anni, con una visione del parto differente e piu' concettualizzata''. ''Ho troppa paura del dolore''. E' questa la prima riposta che danno le donne quando si chiede loro se preferirebbero partorire per via naturale o con taglio cesareo. Secondo un'indagine giornalistica presentata oggi, pubblicata da Io Donna e realizzata insieme all'Oms e a Onda, le donne che preferiscono il parto naturale sarebbero l'80%; eppure, nella pratica il dato e' molto diverso, arrivando a un picco del 60% di tagli cesarei in Regioni come la Campania.

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''L'apparente contraddizione tra l'alta percentuale di coloro che preferiscono in principio un parto naturale al cesareo, e l'alto tasso di cesarei del nostro Paese - spiega Mario Merialdi, direttore area ricerca del Dipartimento salute riproduttiva dell'Oms - si puo' spiegare considerando vari fattori che influiscono sulla decisione finale: tra questi c'e' proprio il desiderio di evitare il dolore da parto'', scelta da una donna su due (53,5%), ma anche - si legge nell'indagine - la possibilita' di programmare la data di nascita del piccolo (46%), o il perche' ''l'ha gia' fatto una mia amica'' (22,2%). Per contro, chi in linea teorica preferirebbe il parto naturale lo sceglierebbe per ''non perdere le prime ore di vita di mio figlio'' (63,1%) e perche' ''la degenza e' piu' breve'' (52,3%). Sul numero dei cesarei influisce anche il numero di donne extracomunitarie che partoriscono in Italia, ''anche per l'emergere di alcune patologie che magari nella nostra popolazione si erano affievolite di molto: anche questo - spiega Massimo Candiani, primario di ginecologia del San Raffaele di Milano - ha portato a un lievitare dei tagli cesarei''. Inoltre ''e' chiaro che c'e' un errore di base, che e' quello di non filtrare le richieste di cesareo nella maniera adeguata. Per questo e' importante che ogni ospedale metta a punto dei percorsi per garantire un'informazione corretta e una sicurezza lungo tutto il percorso della gravidanza e dei parti successivi. Infine, bisogna anche combattere l'opinione, che hanno anche molti miei colleghi, secondo cui tutto sommato il cesareo non e' piu' considerabile un intervento chirurgico. Tutt'altro: e' una vera e propria operazione, gravata dalle sue complicanze''.

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