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Farmaci anti-ADHD sicuri per il cuore in bambini e ragazzi

Pediatria Redazione DottNet | 07/11/2011 12:35

I farmaci contro il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) non aumenterebbero il rischio di eventi avversi cardiovascolari gravi nei bambini e nei ragazzi, stando ai risultati di uno studio osservazionale pubblicato pochi giorni fa sul New England Journal of Medicine. Lo studio è uno dei tre sponsorizzati dalla Fda e dall’Agency for Healthcare Research and Quality per investigare sul possibile legame tra uso dei farmaci anti-ADHD e problemi cardiovascolari nei bambini e negli adulti.
I risultati dagli altri due studi, che stanno valutando questi agenti negli adulti, saranno comunicati una volta conclusa l’analisi dei dati. I lavori avevano preso il via nel 2007, dopo che nell'anno precedente c’erano state alcune segnalazioni di casi di infarto del miocardio, ictus e morte improvvisa in bambini in terapia con questi farmaci. In seguito a questi eventi, l’Fda aveva richiesto alle aziende produttrici di mettere in guardia genitori e pazienti circa il potenziale pericolo.

Lo studio ora pubblicato sul Nejm è uno studio retrospettivo di coorte che ha identificato più di 1,2 milioni di bambini e giovani adulti di età compresa tra i 2 e i 24 anni iscritti a uno dei quattro piani di assistenza sanitaria in vigore negli Stati Uniti (Tennessee Medicaid, Washington State Medicaid, Kaiser Permanente California e OptumInsight Epidemiology) e che avevano assunto o stavano assumendo farmaci anti-ADHD oppure non ne avevano mai presi. I medicinali sotto indagine erano gli stimolanti (prodotti anfetaminici e metilfenidato) atomoxetina e pemolinea (quest’ultima non più in commercio). L’analisi dei dati ha mostrato che ci sono stati 81 eventi cardiovascolari gravi dal 1998 al 2005 nell’intera coorte (pari a un tasso di 3,1 per 100.000 persone-anno), di cui 33 morti improvvise cardiache, 9 infarti miocardici acuti e 39 ictus.

Coloro che stavano assumendo terapie anti-ADHD non avevano più probabilità di subire un evento cardiovascolare grave rispetto ai pazienti che le avevano fatte in passato (hazard ratio aggiustato 0,70; IC al 95% 0,29-1,72)o a quelli che non ne avevano mai fatto uso (hazard ratio aggiustato 0,75, IC al 95% 0,31-1,85). Inoltre, tra i pazienti che stavano ancora seguendo la terapia al momento dell’analisi si sono avuti solo sette eventi cardiovascolari gravi sono stati osservati. Il primo firmatario del lavoro, William Cooper, della Vanderbilt University di Nashville (Tennessee), ha dichiarato che lo studio rassicura sulla sicurezza di questi farmaci e non mostra evidenze di un aumento del rischio di morte improvvisa, infarto e ictus nei pazienti che li assumono.

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Tuttavia, gli autori non abbandonano del tutto la cautela, perché, visto il basso numero eventi verificatisi nel complesso, è difficile determinare con precisione il rischio o escludere qualsiasi coinvolgimento degli psicofarmaci anti-ADHD. Nella discussione, i ricercatori scrivono inoltre che potrebbe essere ancora possibile che questi agenti contribuiscano al manifestarsi di complicanze cardiovascolari, anche se i numeri in gioco resterebbero bassi. La portavoce dell’Fda Sandy Walsh ha detto che l’Fda continuerà a raccomandare la prescrizione dei farmaci anti-ADHD come da indicazioni riportate nella scheda tecnica e il lro non utilizzo nei pazienti con problemi cardiaci gravi. Anche l’agenzia del farmaco Usa, nel documento postato sul suo sito, scrive che “non si può escludere del tutto un aumento del rischio di lieve o moderata entità” e aggiunge che gli operatori sanitari, in particolare non dovrebbero utilizzare prodotti stimolanti e atomoxetina nei pazienti con problemi cardiaci gravi o per i quali un rialzo pressorio o della frequenza cardiaca potrebbero essere problematici. Pertanto, si legge nel comunicato, “i pazienti trattati con agenti anti-ADHD andrebbero monitorati periodicamente per rilevare eventuali variazioni pressorie o del ritmo cardiaco”.

Bibliografia: W.O. Cooper, L.A. Habel, C.M. Sox, et al. ADHD drugs and serious cardiovascular events in children and young adults. N Engl J Med 2011; DOI:10.1056/NEJMoa1110212

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