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Procreazione, le nuove linee guida negano la fecondazione ai portatori di malattie genetiche. Liste di attesa più lunghe

Ginecologia Redazione DottNet | 15/11/2011 23:22

Niente fecondazione assistita per chi e' portatore di malattie genetica e non vuole rischiare di avere un figlio gravemente malato. Le numerose sentenza in proposito nei tribunali di tutta Italia non cambiano nulla e arrivano le nuove linee guida che rimarcano il principio della legge 40, consentendo questo percorso solo a chi ha malattie infettive che rischiano di essere trasmesse con il sesso (Hiv, Hbv e Hcv). Con un colpo di coda il Governo uscente tenta di varare le linee guida sulla fecondazione assistita mentre nelle stesse ore Mario Monti stabilisce la nuova squadra dell'esecutivo.

 Un atto che aggiorna le ultime emanate nel 2008 dal ministro di allora Livia Turco. Il sottosegretario Eugenia Roccella le ha inviate al Consiglio Superiore di Sanita' per un parere obbligatorio. Un tentativo quasi disperato nei tempi perche' gli esperti dell'organo consultivo del ministero dovrebbero lavorare in tempi strettissimi ma anche perche' mancherebbe anche un altro parere da parte dell'Istituto Superiore di Sanita'. Ma nelle 43 pagine delle nuove Linee Guida ci sono anche alcune novita' che non hanno mancato di accendere polemiche. Fra queste la mancanza di ogni riferimento alle sentenze che negli ultimi anni hanno stravolto alcuni principi della legge. I portatori di malattie genetiche in particolare non potranno fare ancora ricorso alla fecondazione assistita nonostante le sentenze dei tribunali di Salerno, Bologna e Firenze. L'uso delle tecniche e' concesso a chi e' infertile ma anche a chi e' fertile se portatore di malattie infettive come Hiv, Hbv e Hcv. Non si citano le malattie genetiche nonostante i tribunali abbiamo gia' riconosciuto questo diritto ad alcune coppie fertili che rischiavano di avere figli con grave malattie come la talassemia e la fibrosi cistica. Sono 16 in tutto le sentenze dei tribunali e per 4 volte la legge e' arrivata sul banco della Corte Costituzionale (da dove per altro sono attesi altri pronunciamenti). ''Non e' stato un golpe'' ha replicato Roccella, spiegando che il governo e' nel pieno delle sue funzioni e sottolineando che fra le novita' c'e' invece, cosi' come indicato dalla Consulta con una sentenza, l'eliminazione del limite dei tre embrioni come limite massimo per ogni tentativo di fecondazione. E Roccella ricorda invece che anche il ministro Livia Turco firmo' le linee guida a Camere sciolte (anche se il Governo era ancora in carica in attesa delle elezioni). "Eugenia Roccella, con le nuove linee guida, cancella le decisioni dei Tribunali sulla Legge 40. Sta agendo contro la Costituzione e contro i poteri legittimi delle istituzioni e dei tribunali" afferma l'avvocato Filomena Gallo, segretario dell' associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e Presidente Associazione Amica Cicogna.

Tanti, secondo il parere di Gallo "i passaggi delle nuove linee guida che ledono gravemente e palesemente i diritti delle coppie, causando altresì un grosso spreco di denaro pubblico". Sono appunto escluse le coppie fertili portatrici di malattie come la talassemia e la fibrosi cistica. Si svuotano poi di contenuto e competenza il ruolo dell'Istituto Superiore di Sanità e viene applicare un sistema di identificazione e ''schedatura dei pazienti che accedono alla fecondazione assistita'', accusa respinta dal sottosegretario. Infine una norma riguarda gli embrioni abbandonati che, per decreto del ministro Sirchia del 2004 sarebbero dovuti essere inviati nella biobanca di Milano, costata circa 700.000 euro e che costa annualmente circa 80.000 euro pur essendo inutilizzata. Dovranno essere conservati, invece, a spese delle Regioni, per motivi che Roccella attribuisce a cavilli legali. In tutto ci sarebbero oltre 3.800 embrioni abbandonati per un'esplicita rinuncia scritta delle coppie e 6.279 embrioni di coppie che non e' stato possibile ricontattare. Liste d'attesa piu' lunghe nei centri pubblici e costi piu' alti in quelli privati: e' questo uno degli effetti che produrranno le nuove linee guida sulla legge 40. A spiegarlo e' Gianni Baldini, avvocato che ha seguito diversi ricorsi di coppie contro la l.40 e professore di Biodiritto all'Universita' di Firenze. ''Queste linee guida - rileva - spostano le competenze del registro sulla procreazione assistita dall'Istituto superiore di sanita' al Centro nazionale trapianti, rendendo piu' difficile la vita dei centri di procreazione assistita. Dovendo adeguarsi ai parametri imposti per i centri trapianti infatti, i centri privati dovranno fare corposi investimenti, che scaricheranno sulle coppie aumentando i costi e spariranno i centri privati piu' piccoli, riducendo la concorrenza.
Nelle strutture pubbliche si allungheranno invece le liste d'attesa''. Secondo il legale il tentativo che si sta facendo e' quello di ''usare degli eufemismi linguistici per rendere inutile la diagnosi pre-impianto sull'embrione - continua - Quando si dice che qualsiasi indagine deve garantire lo sviluppo dell'embrione, significa che se anche si facesse la diagnosi e si scoprisse un embrione malato, questo dovrebbe comunque essere impiantato''.  Tuttavia, Baldini ritiene piuttosto difficile che si riesca a completare in tempo tutto l'iter di pareri previsti per le linee guida, visto che l'attuale governo sta per decadere. ''Vorrebbe dire - conclude - che a tempi di record il Css dovrebbe dare il suo parere e anche l'Istituto superiore di sanita', che finora pero' non ha ricevuto alcuna richiesta. Ma membri autorevoli dell'Iss hanno gia' detto che se anche dovessero dare il parere, sarebbe negativo. I governi dimissionari sono tenuti agli atti di normale amministrazione, e l'approvazione di nuove linee guida non lo e' di certo''. Circa il 3-5% della popolazione italiana, pari a 1,8-3 milioni di persone, soffre di malattie congenite e potrebbe aver bisogno di fare la diagnosi preimpianto per evitare di trasmettere al proprio figlio la sua stessa malattia. Le patologie piu' diffuse sono la talassemia, la fibrosi cistica e le cromosomopatie, come spiega Giovanni Monni, direttore del Centro di diagnosi preimpianto e prenatale dell'ospedale Microcitemico di Cagliari, fino al 2004 centro di riferimento per le diagnosi pre-impianto sulla talassemia. La diagnosi genetica preimpianto (pgd), che le nuove linee guida del Ministero della Salute sulla legge 40 non prevedono per i portatori di malattie genetiche, permette di identificare la presenza di malattie genetiche o di alterazioni cromosomiche in embrioni in fasi molto precoci di sviluppo, generati in vitro da coppie a elevato rischio riproduttivo, prima del loro impianto in utero, evitando cosi' il ricorso all'aborto terapeutico. Tra le altre patologie evitabili in un figlio con la pgd ci sono distrofia di Duchenne, cromosoma X fragile, ritardi mentali, emofilia e sindrome di Murphan. A Cagliari le pgd non si fanno piu' dal 2004, perche' ''il personale del laboratorio che le effettuava e' andato in pensione e non e' piu' stato rimpiazzato - precisa Monni - Ma non appena riavremo il personale, saremo pronti a ripartire, perche' le linee guida non sono la legge, e la legge non vieta la diagnosi preimpianto''. Intanto in questi anni le coppie sarde portatrici di talassemia (circa 250 l'anno le persone che potrebbero aver bisogno della pgd per questa malattia molto diffusa nell'isola) o sono andate all'estero, in Spagna, Turchia, Grecia, Russia, Belgio e Inghilterra, o sono dovute ricorrere all'aborto terapeutico dopo aver scoperto la patologia genetica nel feto con amniocentesi o esame dei villi coriali. ''Con la diagnosi pre-impianto si possono rilevare le stesse patologie - continua Monni - che si scoprono con quella pre-natale. Dunque non capisco perche' non si permettano entrambi i tipi di diagnosi. Tanto piu' che il 99% delle pazienti che ha un feto con patologie sceglie di abortire''. In Italia questa metodica ha iniziato a essere usata nel 1995-1996 per poi interrompersi nel 2004 con la legge 40, e ripartire nel 2009 dopo la sentenza della Corte Costituzionale. ''Anche se la legge non la vietava - aggiunge Monni - molti centri hanno preferito aspettare le sentenze dei tribunali, visto il clima che c'era e le minacce di chiusura''. In Italia sono almeno mille i casi di fecondazioni in vitro e 500 le gravidanze ottenute tramite pgd, di cui il 30-40% per malattie monogeniche e il resto per anomalie cromosomiche

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