Tirare la cinghia sugli acquisti di beni, e soprattutto servizi, da parte della sanita' pubblica. Un bacino di risorse che si aggira attorno ai 30 miliardi l'anno e dei quali ci sono almeno 7 miliardi, secondo il ministro della Salute, aggredibili in tempi brevi. Potrebbe essere questa una delle misure da mettere in atto nell'ambito della spending review per racimolare quel miliardo e mezzo che si punta a ottenere dal comparto sanitario.
Le risorse, ha assicurato piu' volte il ministro, non arriveranno pero' da tagli lineari ma da una ''ristrutturazione e riqualificazione della spesa'': dovrebbe essere salvo quindi il 'fondino' per gli obiettivi di piano che ammonta giusto a 1,5 miliardi, che le Regioni temevano di vedere falciato dopo l'ennesimo rinvio del via libera al riparto del Fondo sanitario 2012. ''Il fondino non e' un lusso'', ma serve al sistema ''a funzionare meglio e non si tocca'' ha ribadito ancora oggi Balduzzi. Sara' da vedere se alla prossima Conferenza Stato-Regioni (tra due settimane) il nodo sara' sciolto. Intanto per dare una mano alle autonomie locali a fare economia in campo c'e' gia' l'autorita' di controllo sui contratti pubblici che, insieme all'Agenas, sta portando a termine una rilevazione dei prezzi di acquisto per un ampio paniere di beni (dalle siringhe al pasto alla mensa degli ospedali): entro luglio l'autorita' mettera' online i prezzi di riferimento cui dovranno attenersi Regioni e singole Asl, in attesa che arrivino i veri e proprio costi standard. Ma questa attivita', fanno notare i tecnici, portera' i suoi frutti solo nel biennio 2013-2014, per il quale peraltro era stata pensata, visto che la ricognizione e' prevista dalla manovra del luglio scorso che prevede minori risorse in sanita' proprio dal prossimo biennio.
I farmaci
Il risparmio a tutti i costi colpirà tutti i settori del pubblico. E anche la sanità non sarà esclusa, settore in cui le spese sono ormai fuori controllo. Basti pensare che nonostante gli scostamenti sui prezzi dei farmaci ospedalieri siano più contenuti, in parte perché molti hanno prezzi imposti dall'Aifa, per la Epoetina alfa, usata per combattere gli effetti collaterali della chemioterapia, si registra un'oscillazione del 365% nel prezzo di acquisto tra un ospedale e l’altro.Sono alcune delle rilevazioni che sta effettuando l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici per arrivare entro luglio a indicare i prezzi di riferimento per un ampio 'paniere' di beni e servizi acquistati in sanità, che comprenderanno, appunto, anche farmaci e servizi come le mense.
La crisi del generico
La scure del risparmio nella sanità si abbatterà, dunque, anche sui farmaci, con l’uso dei generici che andrà incentivato. Come abbiamo pubblicato su Panorama di ieri, il ministro Balduzzi ha detto chiaramente che il generico sarà fortemente caldeggiato e i medici dovranno adeguarsi alla norma. Ma dal tono dei commenti dei nostri iscritti a Dottnet l’indicazione ministeriale non pare essere gradita. Sulla questione risparmio spiega Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici, che “I medici hanno totalmente travisato lo scopo della legge, che era quello di incentivare l’uso del generico permettendo però al medico di suggerire il generico per evitare che i pazienti assumessero ogni volta un farmaco diversificato, pur con lo stesso principio attivo”. Una buona legge, secondo Foresti (al comma 9 dell'art. 11 si legge che il farmacista deve sempre sostituire la specialità con l'equivalente a prezzo più basso a meno che non sia espressamente indicata la "non sostituibilità" sulla ricetta) che tuttavia “è uscita dalle commissioni parlamentari indebolita, portando i medici ad approfittare della poca chiarezza e ad optare sempre più spesso per la ‘non sostituibilità’. Una situazione che, di fatto, lega le mani anche al farmacista e che ha finito per determinare il risultato inverso a quello per cui la legge era nata, disincentivando, anziché incentivando, la diffusione dei farmaci generici in Italia”. “Questo – precisa il presidente di Assogenerici -, infatti, si traduce anche in un aggravio di costi per il cittadino, costretto all’acquisto di farmaci più costosi e al pagamento della differenza tra il prezzo rimborsato dal Ssn e quello il farmaco di marca scelto dal medico”. Il risultato finale, secondo Foresti, è che “stanno aumentando giorno dopo giorno le ricette mediche con la scritta ‘non sostituibile’ e così la norma che avrebbe dovuto incentivare i farmaci equivalenti e portare risparmi al cittadino nei fatti sta producendo il risultato diametralmente opposto”. Insomma, secondo l’associazione dei produttori di farmaci generici, il mercato sta crollando: prima del decreto liberalizzazioni, precisa Foresti, l’incremento mensile delle vendite delle confezioni era in media tra il 15 e il 20%, ma dall’entrata in vigore del decreto liberalizzazioni tale crescita ha avuto una frenata del 5% in media, con punte del 13% in meno tra il mese di marzo e il mese di aprile.
Il mondo femminile e l’equivalente
Sulla questione dei generici anche l'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da), dà una sua interpretazione. Il farmaco equivalente, o generico, secondo l’Associazione potrebbe vivere una stagione fortunata complice la crisi economica che colpisce l'Italia. Invece resta al palo anche per le malattie complesse 'al femminile' (osteoporosi, diabete, depressione, problematiche cardiovascolari) dove l'uso del generico garantirebbe un importante risparmio. Secondo Onda, per 1 donna su 5 la spesa, anche se limitata al solo ticket che spesso va moltiplicato per più farmaci, può rappresentare un serio ostacolo alla prosecuzione del trattamento. Un problema particolarmente avvertito dalle donne in trattamento cronico per osteoporosi e depressione, dove si registra il più alto tasso di interruzioni nelle terapia a causa di una spesa mensile di circa 25-35 euro per farmaci quasi tutti totalmente a carico personale. Sono ancora i costi a indurre 1 donna su 4 a decidere in autonomia di ridurre il dosaggio o addirittura di sospendere la cura, con alti rischi sulla salute. Rischi e costi che potrebbero essere contenuti se i farmaci generici fossero maggiormente conosciuti. L'indagine, condotta su oltre mille donne in terapia cronica, con età media 58 anni ed equamente distribuite sul territorio, mostra che sui generici si sentono poco informate: solo metà li utilizza anche se quasi tutte ne hanno sentito più o meno parlare, ma il 70% fra le donne che seguono ancora le terapia con i farmaci di marca, sarebbe favorevole al cambiamento solo se consigliato dal medico (58%) .
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