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Le liste di attesa in sanità

Sanità pubblica Vincenzo Di Serafino | 06/08/2012 13:17

E’ una legge della fisica: più si dilata l’imbuto dell’offerta più aumenta la richiesta di prestazioni. Questa è anche la conseguenza della medicalizzazione della nostra società, indotta dalla cultura mediatica massificante che ha generato la richiesta della soddisfazione di una esigenza inpropria sia per scarsità di mezzi finanziari che per inappropriatezza: lo screening di massa.

Tradotto in pratica il cittadino conferisce con il proprio medico curante con pretese indotte che superano le competenze dell’esercizio della medicina classica e dall’altro lato opera il sanitario che in genere esercita demandando sia per soddisfare le richieste dell’utente già confezionate sia per autotutelarsi. Da qui si genera l’aumento progressivo della richiesta di offerta prestazionale in tutti gli ambiti dell’universo sanitario.

 Nella storia recente dei sistemi di accesso alle prestazioni sanitarie i centri unici , meglio noti come CUP, sono stati i primi organismi ad operare ; si sono dilatati nel tempo e in funzioni fino ad avere una crisi di crescita ad esito implosivo. In effetti i cup dove sono stati presenti hanno avuto autonomia operativa e  sono arrivati  a prenotare di tutto, anche viaggi o quant’altro.

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Per meglio gestire la crescente richiesta prestazionale le aziende con tradizionale presenza di sistemi prenotativi  col tempo hanno abbandonato il modello cup , che per natura operava su un sistema largo , per  realizzare un sistema a gestione diretta denominato Centro Aziendale di Prenotazione o CAP con personale proprio e a gestione tipo reparto. 

Nel CAP il mezzo di controllo filtrante per l’accesso alle prestazioni di diagnostica o di prestazioni specialistiche di primo livello è di pertinenza solo del medico di medicina generale. Questa è una figura che riveste un ruolo centrale nel riordino del settore delle prenotazioni e delle liste di attesa in sanità . Il medico di base prescrive e prenota direttamente, utilizzando una rete intranet aziendale e codificando l’urgenza della richiesta con un codice a raggruppamento omogeneo di attesa. Sull’altro versante del sistema  opera il CAP (centro di prenotazione aziendale ) formato da figure professionali preposte e capaci di procedere ad una prima verifica dell’appropriatezza delle richieste.

 Il sistema così riassunto non è teorico, è attuato con successo in ASL quali Cesena ed Ancona dove alla fine degli anni novanta aveva operato  Il gruppo dell’Ing. G. Mari  ( ex ASL Teramo ) , che aveva redatto un progetto tipo per le ASL abruzzesi , ma mai attuato perché referenziato da professionisti non graditi alla classe politica regionale dell’epoca e per di più ritenuti capaci , con atti di comando , di operare solo in ambiti marginali quali le dipendenze .

Oggi con intelligenza e sensibilità l’argomento è stato riaperto dal nuovo assessore alla sanità e si spera che nello sviluppo futuro  faccia tesoro delle esperienze e degli studi aggiornati sull’argomento.

Vanno bene le farmacie e dopo di queste per essere più capillari sul territorio si possono coinvolgere i centri sociali e le chiese di qualsiasi culto, ma attenti! Questi erano sistemi validi per i cup. Nei Centri Aziendali  la richiesta di prestazione è una competenza specifica del medico di medicina generale, che nell’ottica gestionale di un sistema cap andrebbe incentivato a prenotare direttamente, sia perchè unico competente per il codice di accesso a raggruppamento per ridurre l’attesa, sia per un costante controllo dei report e degli elementi di spesa. Questo sistema permetto un accesso costante al budget del professionista convenzionato.

Le ultime ricerche effettuate hanno evidenziato come, in  netta maggioranza, siano le fasce deboli della popolazione, quelle con meno strumenti culturali ed economici, a ricorrere alle cosiddette prestazioni specialistiche di primo livello .

Inoltre si è appreso come queste siano in gran parte ascrivibili alle cosiddette cure primarie, quelle cioè di pertinenza dei medici di base e dell’insieme dei servizi territoriali .

Proprio queste fasce deboli della popolazione accedono con maggiore difficoltà alle prestazioni specialistiche di diagnosi, cura e riabilitazione, di secondo e terzo livello dove è maggiormente garantita l’appropriatezza e la qualità delle prestazioni.

Quindi bisogna stare molto attenti, al fine di non rendere ancora più “ingiusto” il sistema. In effetti il rincorrere acriticamente una domanda crescente può mettere insieme vari interessi, ma rischia di dilatare un’offerta impropria e inappropriata riservandola a coloro che hanno meno potere contrattuale sociale, mentre a chi ne ha di più è maggiormente garantito l’accesso a cure appropriate. Si perpetuerebbe così una forte disuguaglianza sul terreno dei diritti.

La soluzione è nell’approccio politico, culturale e tecnico che porti a una rivisitazione del governo dell’offerta. Ciò vuol dire che vanno potenziati i servizi di prevenzione; quelli afferenti alle cure primarie, favorendo e sviluppando forme di collaborazione tra i medici di base e le strutture erogatrici di prestazioni, definiti i codici di accesso in base alla sospetta gravità e urgenza della patologia, riconvertendo risorse, ridefinendo la funzione di ospedali piccoli e di scarsa efficacia in strutture aperte all’intervento di curanti a forte gestione infermieristica con supporti specialistici di primo livello operanti almeno nell’arco delle dodici ore anche attraverso day hospital diagnostici.

Gli ospedali di alta specializzazione potrebbero così potenziare l’offerta di percorsi più impegnativi, aumentando la possibilità di accesso a tutti i cittadini utenti.

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