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Svolta nelle denunce di malasanità: per la Cassazione non c’è rilevanza penale per colpa lieve se il medico si è attenuto alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica

Sanità pubblica Redazione DottNet | 01/02/2013 17:35

Non ha più rilevanza penale la condotta medica connotata da colpa lieve, che si collochi ''all'interno dell'area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica''. Lo ha stabilito la IV sezione penale della Corte di Cassazione, presidente Carlo Brusco, con una sentenza depositata ieri e il cui principio e' stato reso noto dall'avv. Guido Magnisi, legale bolognese che si occupa di svariati casi di colpe mediche. 

La questione sottoposta alla suprema corte era se l'articolo 3 della legge 189 dell'8 novembre 2012 (dal titolo 'responsabilità professionale dell'esercente le professioni sanitarie') abbia determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose ''commesse dagli esercenti le professioni sanitarie''. La riposta, appunto, è stata affermativa. Così i giudici, in applicazione del principio, hanno annullato con rinvio la condanna per omicidio colposo di un chirurgo che nell'esecuzione di un intervento di ernia al disco, aveva leso dei vasi sanguigni provocando una emorragia letale per il paziente. Al giudice di merito è stato chiesto di riesaminare il caso per determinare se esistano linee guida o pratiche mediche accreditate relative ''all'atto chirurgico in questione'', se l'intervento eseguito si sia mosso entro i confini segnati dalle direttive e, in caso affermativo, se nell'esecuzione dell'intervento vi sia stata colpa lieve o grave.  Come si ricorderà l’argomento è stato ampiamente trattato nel corso del

dottnet.it/Articolo.aspx?idarticolo=11524">convegno organizzato da Merqurio Toghe in corsia  con le interviste ai massimi esperti del settore. (clicca qui per vedere le video interviste).

Ministro Balduzzi. Per il ministro della Salute, Renato Balduzzi, la pronuncia della IV sezione della Corte Suprema di Cassazione “costituisce un primo passo verso una maggiore serenità nello svolgimento delle prestazioni sanitarie da parte dei professionisti delle professioni sanitarie". Il ministro lo sostiene in una nota diffusa dal dicastero al commento della sentenza e in cui si sottolinea che "in tal modo si individuano le inappropriatezze dovute alla medicina difensiva e inoltre, con maggiore serenità dei professionisti sanitari, si hanno maggiori garanzie per i pazienti e quindi maggior tutela del diritto alla salute”. Secondo il quale, dopo la sentenza della Cassazione, “devono ricredersi tutti coloro che avevano definito in modo negativo le norme” contenute nel Decreto Salute a firma dello stesso ministro. 

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Ordine dei medici. La sentenza della Cassazione ''aggiunge chiarezza ai fini dell'interpretazione demandata ai giudici''. Questo il commento del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) Amedeo Bianco. ''Gia' il decreto Balduzzi - sottolinea Bianco - affermava tale principio, prevedendo che i comportamenti medici sulla base di linee guida riconosciute sono rilevabili in sede penale solo per profili di colpa grave. La Cassazione - prosegue - mi pare non abbia fatto altro che recepire tale principio sancito dalla legge''.  Tuttavia, conclude il presidente Fnomceo, ''si pone un problema: manca cioe', allo stato attuale, un sistema centralizzato, magari un ente terzo, incaricato dell'accreditamento delle linee guida, cosi' come resta da definire in modo unitario il concetto di 'virtuose pratiche mediche'''. 

Amami. La sentenza della Cassazione e' ''molto importante, ma rischia allo stesso tempo di trasformarsi in un pericoloso 'boomerang'''. Ad affermarlo e' il presidente dell'Associazione medici vittime di malpractice (Amami) Maurizio Maggiorotti.  La sentenza, commenta, ''dimostra ancora una volta che lo strumento penale e' inutile e inefficace nel caso dei medici. Abbiamo infatti dimostrato come solo l'1% dei medici inquisiti sia, alla fine, condannato''. C'e' pero' un altro aspetto da considerare, rileva Maggiorotti: ''Sia il decreto Balduzzi sia la sentenza introducono il concetto di colpa grave e colpa lieve per il medico, stabilendo che quest'ultima non ha piu' rilevanza penale. Cio' significa che, da qui a breve, gli avvocati dei vari pazienti tenteranno di dimostrare in tutti i casi la colpa grave del medico ospedaliero e questo apre la stura ad un problema devastante poiche', in questo caso, tutti i medici eventualmente condannati dovranno risarcire i danni agli ospedali di appartenenza, per importi enormi''. Dunque, il decreto Balduzzi, come la sentenza della Cassazione, commenta Maggiorotti, ''possono portare a conseguenza pericolose''. Inoltre, conclude, ''resta 'lacunoso' il riferimento alle linee guida e alle 'pratiche virtuose', poiche' ad oggi non abbiamo linee guida in Sanita' univoche da poter prendere come unico riferimento''. 

Anaao. La sentenza della Cassazione  ''dimostra che il tentativo legislativo, fortemente voluto dall'Anaao Assomed e dalle altre organizzazioni sindacali mediche, rappresentato dall'articolo 3 della legge Balduzzi, non e' stato vano'', ma pone anche il problema dell'accreditamento delle linee guida. A sottolinearlo e' il segretario dell'associazione medici dirigenti Anaao Assomed, Costantino Troise.  La sentenza, commenta Troise, dimostra, pero', anche ''la necessita' di un impegno delle societa' scientifiche ad approvare linee-guida valide accreditate eventualmente da un Ente terzo, ed in genere a definire il campo delle buone pratiche cliniche''. Questo ''spiraglio aperto dal combinato disposto di un articolo di legge e dalle interpretazioni della magistratura - prosegue - non elimina la necessita' di una legge specifica che disciplini la responsabilita' professionale del medico in una logica di sistema sia dal punto di vista civile che penale''. Cio', conclude Troise, ''per rispondere alle rabbia ed alle paure di una categoria sempre piu' esposta a rischi professionali e patrimoniali non tanto per quello che fa, ma per la funzione che esercita. A prescindere dal valore sociale degli atti che compie''. 

Cgil. La sentenza della Cassazione  e' un ''atto dovuto, ma le denunce contro i medici restano un problema irrisolto''. Lo afferma Massimo Cozza, Segretario Nazionale dell'Fp-Cgil Medici.  ''Il rinvio da parte della Cassazione della condanna ai danni di un chirurgo per omicidio colposo, motivato con la necessita' di appurare se siano state seguite le linee guide scientifiche cosi' come previsto dalla Legge Balduzzi - sottolinea Cozza in una nota - e' solo un atto dovuto che non cambia la sostanza del problema della responsabilita' professionale''. La Legge Balduzzi, prosegue, ''ha semplicemente assunto una prassi gia' largamente diffusa nella giurisprudenza, confermando giustamente anche in sede civile il risarcimento del danno subito dal cittadino. E' ovvio che se il medico ha seguito le indicazioni accreditate dalla comunita' scientifica e le regole di perizia e prudenza non dovrebbe essere condannato neanche per colpa lieve''. Il vero problema ''irrisolto - avverte Cozza - e' rappresentato dall'aumento esponenziale delle denunce strumentali alimentate dalle campagne pubblicitarie di chi vuole speculare sulla salute dei cittadini e sulla professionalita' dei medici. Anche se poi il medico viene quasi sempre assolto, ha comunque pagato tanto in termini professionali e di immagine, per non parlare del punto di vista economico, a partire dalle spese per avvocati e periti fino ad arrivare ai premi assicurativi sempre piu' onerosi''. Alla fine, conclude, ''a pagare e' tutto il sistema salute con l'esplosione del fenomeno della medicina difensiva, il cui costo e' stimato in circa 10 miliardi di euro all'anno, e gli stessi cittadini che devono aspettare anni per i giusti risarcimenti''. 

Sumai.“La sentenza della Cassazione rappresenta certamente una buona notizia per la categoria professionale”. Lo afferma il segretario generale del Sumai-Assoprof Roberto Lala commentando la decisione della IV Sezione Penale della Cassazione che ha depositato una sentenza sul caso di un medico che, nel corso di un intervento di ernia discale, aveva leso dei vasi sanguigni causando un'emorragia che aveva portato al decesso del paziente. “La decisione dei giudici è un segnale positivo – specifica Lala – ma in ogni caso una sentenza favorevole non risolve da sola il problema della responsabilità professionale che negli ultimi sta creando disagi crescenti nei medici”. “Per questa ragione – conclude Lala – nonostante la sentenza positiva, e l’intervento normativo fatto dal Ministro Balduzzi (anche se ancora deve essere emanato il decreto attuativo sulla copertura assicurativa dei professionisti e sul Fondo di rischio) il Sumai-Assoprof ritiene necessario lavorare al fine di costruire una legge sul tema che sia completa e organica e che possa affrontare concretamente una questione che sta diventando esplosiva”.

Smi. Il Sindacato dei Medici Italiani (Smi) valuta positivamente la notizia sulla sentenza della Cassazione relativa alla depenalizzazione della colpa lieve. Ora si attende di legge il dispositivo, ma lo Smi coglie l’occasione per chiedere interventi strutturali su questa materia. Per Salvo Calì, segretario generale Smi, «la situazione in Italia è ai livelli di guardia: è intollerabile che i medici subiscano, spesso, denunce per ragioni estranee al loro operato. Si pensi ai molti problemi organizzativi derivanti dal taglio dei posti letto o dalla chiusura di diversi Pronto soccorso. Un professionista costretto a lavorare con il paziente in barella, in un corridoio, a causa del sovraffollamento, rischia più di altri di incorrere in errori, ed è, quindi, egli stesso vittima della malasanità non solo il paziente. In questi anni abbiamo assistito all'incremento del 24% delle denunce, ma, badate bene, il 98,1% dei procedimenti penali si conclude con l'archiviazione. Eppure, l'unico a pagarne le conseguenze in termini di danno psicologico ed economico è il medico». «Al ministero guidato da Balduzzi – continua il segretario Smi - proprio questa settimana, in un incontro con l’Intersindacale, abbiamo proposto un intervento strutturale: depenalizzare l'atto medico e auspicato il potenziamento delle camere arbitrali con chiari criteri di qualità (con medici e avvocati) al fine di ridurre il contenzioso, ora, forti anche della sentenza di ieri della Cassazione, pur in attesa di leggere il dispositivo, facciamo un ulteriore appello alla Politica: non si chiede l’impunità, attenzione, ciò che si auspica è che si interrompa la spirale perversa del boom delle denunce sull’attività medica e si definiscano chiaramente i contorni delle responsabilità civili e penali, nonché dei protocolli di intervento e di buona pratica. Il cittadino ha diritto al risarcimento e, in caso di dolo, ad avere giustizia con la condanna del professionista che ha sbagliato. Ma per ottenere tutto ciò è necessario depenalizzare l’atto medico e potenziare le camere arbitrali per avere giudizi rapidi e di qualità a tutela del paziente e dei camici bianchi. Non possiamo rimanere ostaggi delle assicurazioni e della medicina difensiva».  

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