Il tumore del pancreas è uno dei cinque cosiddetti 'Big Killer': la maggior parte dei pazienti che ha questo tipo di cancro non sopravvive ai primi mesi dalla diagnosi e, dopo 5 anni, la mortalità si attesta al 95%. Per questo sono importanti i risultati della sperimentazione Mpact, che combinando due farmaci oncologici ha scoperto un aumento del 59% nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato in due anni. In Italia, il carcinoma del pancreas rappresenta il 3% dei tumori totali ma, con il 7% all’anno di decessi, si attesta come la quarta causa di morte dopo i 50 anni nell’ambito delle patologie oncologiche.
Questi numeri sono solo un primo passo per capire questa patologia. Il tumore del pancreas è silenzioso, con uno sviluppo spesso rapido e aggressivo, e particolarmente resistente ai farmaci. Quasi asintomatico al suo esordio, si manifesta solo quando, crescendo, le cellule tumorali invadono gli altri organi, quali stomaco e intestino, compromettendone la funzionalità. Il paziente e i suoi familiari si trovano, quindi, ad affrontare uno stadio avanzato della malattia, senza prospettive di cura efficaci, e con gravissime conseguenze immediate, fisiche e psicologiche. «La diagnosi di tumore del pancreas – dichiara il Salvatore Siena, Direttore della Divisione di Oncologia Falck, Dipartimento Oncologico, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano (clicca qui per vedere la video intervista) - significa, per noi oncologi, comunicare al paziente e ai suoi familiari una tra le prognosi più infauste. Nella maggior parte dei casi, ci troviamo di fronte ad uno stadio del tumore che ha raggiunto livelli molto difficili da contrastare: questo si traduce in una probabilità di sopravvivenza che si calcola, generalmente, nell’arco di mesi, cui si aggiunge il carico dato dalla miriade di sintomi provocati dall’estensione della neoplasia ad altri organi. Le cellule tumorali pancreatiche, infatti, sono particolarmente resistenti ai farmaci, che non riescono a bloccarne lo sviluppo, ma solo a rallentarne in modo estremamente limitato la crescita.» Questo scenario dà la misura della rilevanza della sperimentazione denominata MPACT (Metastatic Pancreatic Adenocarcinoma Trial), uno studio clinico di fase III in pazienti affetti da adenocarcinoma metastatico in stadio avanzato non operabile. I risultati sono stati presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology – GastroIntestinal (ASCO GI) 2013, tenutosi a San Francisco a fine gennaio. La sperimentazione MPACT ha valutato l’efficacia dell’associazione di Nab paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina in nano particelle) con gemcitabina, evidenziando un aumento del 59% nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato a due anni (9% vs. 4%). «Questo studio è importante – spiega Michele Reni, Coordinatore Area Attività Scientifica, U.O. Oncologia Medica, IRCCS San Raffaele di Milano (clicca qui per vedere la video intervista) – perché riguarda l’adenocarcinoma, che rappresenta il 95% dei casi di tumore al pancreas, sia perché, dopo aver assistito negli ultimi 15 anni ad una lunga serie di sperimentazioni negative, finalmente abbiamo un nuovo farmaco su cui contare per il trattamento dei pazienti affetti da questo tumore. La somministrazione dell’associazione Nab paclitaxel e gemcitabina non solo ha dimostrato di poter aumentare la sopravvivenza e il tempo libero da progressione, ma anche di poter ottenere questo risultato con una tossicità accettabile e, attraverso la presenza del Nab paclitaxel, di aggredire, in particolare, il tessuto tumorale, piuttosto che i tessuti sani.» Il successo di questa associazione è, infatti, dovuto alla presenza del paclitaxel racchiuso in un guscio di albumina in nano particelle (Nab).
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