Il coinvolgimento delle farmacie del territorio nei programmi di compliance e aderenza alle terapie dei sistemi sanitari può portare a risparmi di circa il 5% sulla spesa sostenuta annualmente dai sistemi sanitari, cui poi vanno aggiunti i benefici sociali.
L’indicazione arriva dagli Stati Uniti e rappresenta un’ulteriore conferma del contributo che la farmacia può assicurare al governo clinico del farmaco laddove riceve adeguata valorizzazione: «I dati» spiega Giancarlo Nadin, docente di marketing all’Università Cattolica di Milano, rappresentante italiano del Pcne (Pharmaceutical care network europe, il think tank europeo della farmacia dei servizi) e coordinatore della ricerca-sondaggio sulla pharmaceutical care lanciata a dicembre da Federfarma in collaborazione con Gsk «sono frutto di analisi eseguite negli Usa dal gruppo Cvs Caremark, cui fanno capo settemila farmacie specializzate nella dispensazione del farmaco e nei servizi al paziente per la corretta assunzione delle terapie farmacologiche. Secondo calcoli che riguardano una popolazione di 100mila pazienti affetti da cronicità varie, i programmi di pharmacy care messi in campo dalle farmacie per vigilare su compliance e aderenza alle terapie hanno consento risparmi pari a circa 55milioni di dollari all’anno. Di questi, poco più della metà riguarda i costi di ospedalizzazione e il resto i costi a carico della collettività (giorni di malattia, assenze dal lavoro, minore produttività eccetera)». Questi stessi programmi hanno anche comportato un limitato incremento della spesa farmaceutica per appropriatezza delle terapie, «ma» avverte comunque Nadin «al netto di tutte le voci la pharmacy care assicura risparmi per circa 25 milioni di dollari l’anno, ossia il 5% di quanto speso per l’assistenza alla popolazione analizzata».
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Fonte: federfarma, cosmofarma
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