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Il blocco dei contratti costerà ad ogni medico 30mila euro. Stangata anche sulle pensioni

Sanità pubblica Redazione DottNet | 13/05/2013 19:22

Una stangata senza uguali, da far impallidire l’Imu. Ai medici del Servizio sanitario nazionale il blocco dei contratti e delle retribuzioni dei lavoratori del pubblico impiego - in vigore dal 2010 e che molto probabilmente verrà esteso a tutto il 2014 - alla fine di questi cinque anni sarà costato la bellezza di 30 mila euro.

Per essere precisi si tratta di 29.480 euro lordi a testa, che moltiplicati per 107 mila medici contrattualizzati con il Ssn porta a un 'risparmio' per le casse dello Stato di oltre 3 miliardi in 5 anni. Pari, quindi, alla somma che il Governo sta cercando di rastrellare per compensare l’Imu. L’analisi elaborata dall’Adn per conto dell’Anaao Assomed – e che coinvolge tutti i dipendenti non solo dello Stato ma anche di Ssn, scuola, Regioni ed enti locali - parte da un dato certo: la retribuzione totale media annua dei camici bianchi, stabilita nell'ultimo contratto nazionale di lavoro del 2009, pari a 85.978 euro lordi, comprensivi di 10.700 euro di indennità di esclusività di rapporto. Analizzando la tabella, che tiene conto dell'inflazione media Istat, emerge con chiarezza la perdita, anno per anno, del potere di acquisto delle retribuzioni dei medici per colpa del blocco contrattuale: nel 2010, con un'inflazione dell'1,50% si è registrata una perdita consolidata di 1.311 euro lordi, salita a 3.683 nel 2011, fino a 6.387 nel 2012, con un'inflazione pari al 3%. Quest'anno i camici bianchi dovranno invece fare i conti con una perdita stimata del potere d'acquisto dei loro stipendi pari a 8.150 euro. Parliamo di circa 700 euro lordi al mese. E non è finita. A meno che il governo Letta non trovi una copertura diversa alla riduzione della spesa del pubblico impiego, anche nel 2014 verrà esteso lo stop alle contrattazioni.

Con effetti dirompenti sulle buste paga dei medici: la perdita stimata per il prossimo anno sfiora infatti i 10.000 euro lordi. A tutto questo va poi aggiunta l'ulteriore beffa: l'impatto negativo che la riduzione dello stipendio avrà sulle future pensioni dei camici bianchi, sul trattamento di fine rapporto e, soprattutto, il danno di avviare il rinnovo triennale del 2015 partendo da una massa salariale più povera. Senza contare il significativo aumento della pressione fiscale con il contributo di solidarietà poi revocato e con costanti incrementi delle addizionali regionali e comunali Irpef. "Nel momento in cui - commenta l'Anaao Assomed - si negoziano sconti fiscali per la generalità delle categorie (decontribuzione e detassazione dei salari di produttività per tutte le categorie tranne il pubblico impiego, rinnovi contrattuali anche in settori collegati al settore pubblico come le municipalizzate e le farmacie comunali) incrementare le penalizzazioni per i dipendenti pubblici rappresenterebbe una discriminazione di tipo ideologico inaccettabile e gravemente demotivante per il settore dei pubblici servizi". 

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Fonte: Anaao, adn,

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