Lazio, Sicilia, Toscana, Emilia Romagna. Continuano a crescere in tutto il paese le iniziative per la raccolta dei farmaci inutilizzati da ridistribuire alle organizzazioni assistenziali. Qualche volta a muoversi è il pubblico (come in Sicilia), più spesso volontariato e onlus.
E tra queste un nome ben noto ai titolari di farmacia, il Banco Farmaceutico. Sua la raccolta avviata a Roma da aprile in collaborazione con Comune e Farmacap, le farmacie pubbliche capitoline. E sue le iniziative a Torino e Verona, dove si sono già siglati gli accordi e devono essere definiti solo gli ultimi dettagli operativi (a Milano, invece, è in corso un confronto con l’amministrazione). Per il Banco è un’attività che non rientra tra gli impegni prettamente istituzionali, ma la valenza sociale è evidente e poi c’è la possibilità di mettere in campo l’esperienza maturata in tredici anni con le Giornate di raccolta del farmaco.
Presidente Gradnik, come funziona la raccolta di farmaci inutilizzati?
La normativa di riferimento è la Finanziaria del 2008, che in due commi autorizza il recupero dei medicinali in corso di validità, integri e correttamente conservati. Le confezioni avanzate dalle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) e dai programmi Adi (Assistenza domiciliare integrata) possono essere riutilizzate dalle Residenze stesse o dalle Asl competenti per territorio; quelle provenienti da privati vanno alle organizzazioni assistenziali o umanitarie, riconosciute dalle Regioni e Province autonome. Finora però solo pochissime tra queste hanno provveduto a elencare le organizzazioni autorizzate. Noi vorremmo che lo si facesse e che il Banco farmaceutico fosse tenuto nella debita considerazione.
Perché?
Questo tipo di raccolta riguarda prevalentemente farmaci etici. Siamo quindi convinti che vada assicurata la continuità della tracciatura anche in questa seconda “vita” del medicinale. E che il farmacista in farmacia sia l’attore più adatto a gestire tale genere di iniziative: perché può sensibilizzare il giusto target di pazienti e perché può fare da filtro al momento della restituzione.
Come siete organizzati?
Innanzitutto la legge prevede che possano essere recuperati soltanto i farmaci non scaduti e in confezioni integre: per sicurezza, selezioniamo quelli che hanno ancora 8-12 mesi alla scadenza. I medicinali finiscono in un contenitore sigillato che non può essere aperto dal farmacista e reca colori e scritte che lo differenziano nettamente da quello per la raccolta degli scaduti. Quando viene restituito un medicinale inutilizzato, il farmacista verifica l’integrità della confezione e appone un timbro del Banco farmaceutico. E’ un atto di trasparenza con cui garantiamo al cliente che la confezione non tornerà in alcun modo sullo scaffale. A ritirare periodicamente il contenitore provvedono le associazioni di assistenza con cui già lavoriamo nella Giornata di raccolta: per ogni farmacia la sua onlus. Le confezioni passano quindi una seconda selezione, vengono caricate nel sistema di tracciabilità del Banco farmaceutico e infine inviate ai bisognosi.
Sono molti gli scarti?
In base all’esperienza già avviata a Roma e i test effettuati in alcune farmacie a Torino, possiamo affermare che, nella fase di start up, in un contenitore vengono lasciati mediamente 85/100 confezioni ogni 15 giorni. Nel 95% dei casi si tratta di farmaci etici e il 75% delle confezioni risulta totalmente integra. Ciò significa che in un mese vengono recuperati circa 170 confezioni di farmaci
Lei diceva che in questo genere di raccolta prevalgono gli etici; immagino che molti siano pure rimborsati dal Ssn. Perché recuperarli per darli ai bisognosi allora?
Il fatto è che abbiamo un Servizio sanitario nazionale che dichiara l’universalità dell’assistenza farmaceutica a parole, ma non nei fatti. A parte gli etici di fascia C, c’è sempre più gente che non può permettersi di pagare il ticket. Lo vedo anche nella mia farmacia: l’anziano porta la ricetta del suo medico, chiede quanto deve pagare in tutto e poi mi dice “allora ci vediamo la prossima settimana, quando avrò ritirato la pensione”.
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Fonte: federfarma
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