Per l'assistenza ai malati rari sono necessari nuovi strumenti di monitoraggio e di governance, poiché, al momento, ''l'anello debole del sistema è la mancanza di un adeguato impianto organizzativo sul territorio, causa la carenza di sistemi informativi e di finanziamenti ad hoc dei percorsi diagnostico-terapeutico''.
E' quanto emerge dal primo Rapporto sulle Reti di Assistenza ai Malati Rari (clicca qui per scaricare il documento completo), prima ricognizione sull'esperienza dei direttori generali delle Asl in tema di malattie rare, curata da Federsanità-ANCI, CEIS Sanità e Recordati e presentata oggi al Ministero della Salute. La ricerca, condotta con il coordinamento di Federico Spandonaro del CEIS Sanità di Tor Vergata su un campione rappresentativo di 40 Aziende sanitarie, ha preso in esame il punto di vista dei direttori generali ASL/Aziende ospedaliere in merito a tre aspetti dell'assistenza: clinico, organizzativo ed economico. Dal Rapporto risulta che solo il 47,4% delle Aziende sanitarie censite dispone di specifici percorsi diagnostico-terapeutici, mentre il quadro epidemiologico è noto in modo sistematico solo per alcune patologie rare ad alto impatto, così come risulta poco nota la mobilità dei pazienti. Solo il 21,1% svolge con regolarità corsi di formazione per gli operatori, anche per l'insufficienza di risorse economiche. E solo in poche realtà (26,3%) esiste un percorso di contatto tra i familiari dei pazienti e gli operatori delle Aziende. ''Emerge - ha dichiarato Angelo Lino Del Favero, presidente Federanità-ANCI - che la rarità non può essere la ragione per non avere modelli organizzativi o gestionali''.
Il commento dei direttori delle Asl: "La bozza del Piano Nazionale per le Malattie Rare 2013-2016 ''lascia ben sperare ma è necessario adeguare sistemi informativi e finanziamento dei percorsi''.
La ricerca nel dettaglio: è stata condotta con il coordinamento scientifico del prof. Federico Spandonaro del CEIS Sanità di Tor Vergata nei mesi di aprile-maggio 2013 su un campione rappresentativo di 40 Aziende sanitarie, ha preso in esame il punto di vista dei direttori generali ASL/AO in merito a tre aspetti chiave dell’assistenza ai malati rari: clinico, organizzativo ed economico. “Il primo dato che emerge – ha sottolineato Spandonaro – è la difficoltà delle Aziende sanitarie ad avere una visione complessiva dell’assistenza ai malati rari sul proprio territorio, anche a causa della carenza di adeguati sistemi informativi aziendali, integrati con quelli regionali e con dati non soltanto epidemiologici, ma anche economico-organizzativi”. Solo poche Aziende (23,5%) sono in grado di stimare il ‘peso’ dei pazienti con malattia rara sul budget aziendale e, comunque, nessuna è stata in grado di quantificare il differenziale di costo del paziente con malattia rara rispetto ad un paziente con patologia non rara. “Le Aziende – continua Spandonaro – percepiscono che anche pochi casi di pazienti ad alto assorbimento i risorse possono mettere in crisi il budget aziendale, ma la carenza di informazioni sulla reale incidenza di questi casi e sui costi sostenuti non permette un’adeguata pianificazione delle prese in carico. I flussi di finanziamento sono per lo più indistinti e quelli finalizzati sono spesso fuori del controllo delle Aziende di afferenza del paziente. Di conseguenza non si è neppure sviluppata una riflessione approfondita sulla gestione del rischio finanziario legato alle patologie rare, con il risultato che ad oggi resta in carico all’Azienda”. Dal Rapporto risulta che solo il 47,4% delle Aziende sanitarie censite dispone di specifici percorsi diagnostico-terapeutici, mentre il quadro epidemiologico è noto in modo sistematico solo per alcune patologie rare ad alto impatto, così come risulta poco nota la mobilità dei pazienti (attiva, passiva, extra-regionale). Solo il 21,1% svolge con regolarità corsi di formazione ad hoc per gli operatori, anche per l’insufficienza di risorse economiche dedicate. Solo in poche realtà (26,3%) esiste un percorso di contatto preferenziale tra i familiari/caregiver dei pazienti affetti da malattie rare e gli operatori delle Aziende, fra l’altro per l’assenza di un protocollo operativo definito. D’altra parte sembra essere abbastanza rilevante il coinvolgimento delle Associazioni di pazienti, anche se solo in un terzo delle Aziende censite avviene con regolarità. “La bozza del Piano Nazionale per le Malattie Rare 2013-2016 che pure prefigura un salto di qualità per l’assistenza ai malati rari – ha spiegato Spandonaro – sembra aver sottovalutato la necessità dello sviluppo di un sistema informativo aziendale, quale strumento di monitoraggio e di governance. Da un punto di vista organizzativo viene promosso un modello di sistema a rete, efficace nel realizzare la presa in carico multidisciplinare complessiva dei pazienti con malattia rara, ma il presupposto per la cooperazione tra i nodi della rete è l’implementazione di un’adeguata infrastruttura informativa, in primis a livello dei singoli nodi locali. Solo un sistema informativo integrato può consentire una governance davvero efficace ed efficiente della presa in carico, coniugando l’aspetto clinico con quello organizzativo e gestionale”. Sempre in tema di concreta realizzazione dei percorsi per la presa in carico dei pazienti affetti da malattia rara, la bozza del Piano Malattie Rare sembra sottovalutare – per i curatori del Rapporto – anche la questione del finanziamento, che viene menzionato limitatamente alle attività di ricerca e non per la realizzazione dei percorsi, facendo quindi ipotizzare che questi dovrebbero essere implementati a costo zero. “I direttori generali ASL/AO – conclude Del Favero – sono pronti a fare la loro parte per un salto di qualità dell’assistenza ai malati rari, ma chiedono allo stesso tempo che il prossimo Piano Nazionale Malattie Rare ponga adeguata attenzione sulla questione dei sistemi informativi aziendali e su quella del finanziamento dei PDTA. È necessario inoltre procedere con la revisione/aggiornamento del sistema di codifica delle malattie rare (peraltro già previsto nella bozza del Piano), nonché definire e monitorare i percorsi per l’ottenimento dell’esenzione, volti ad una centralizzazione della procedura. Infine lanciamo due proposte. La prima riguarda l’integrazione dell’informazione relativa alla presenza di malattia rara nelle banche dati a disposizione del Servizio di Emergenza‑Urgenza 118, in modo che possano essere garantiti percorsi d’intervento specifici. La seconda riguarda la presenza istituzionale e inderogabile nell'ambito dei Comitati Etici aziendali del referente aziendale delle malattie rare, considerando che sempre più spesso viene richiesta l'erogazione di farmaci, di presidi o di cure sperimentali in favore di malati rari con notevoli oneri economici a carico dell'Azienda”.
Diagnosi precoce. Un progetto-pilota di screening sui neonati per la diagnosi precoce di varie patologie rare, che potrebbe coinvolgere 50.000 nuovi nati in Italia. E' l'iniziativa annunciata a Bruxelles, in occasione di un simposio europeo sulle malattie rare lisosomiali, da Maurizio Scarpa, del Dipartimento di Pediatria dell'Università di Padova. ''Siamo pronti - ha affermato Scarpa, come riporta una nota dell'Osservatorio malattie rare (Omar) - per avviare un progetto pilota di screening che potrebbe coinvolgere 50.000 nuovi nati, grazie alla collaborazione di diversi centri sul territorio nazionale. Attendiamo solo che il progetto sia finanziato: si tratta di una possibilità enorme da offrire ai nuovi nati, e che dà la possibilità alla famiglia di ottenere una consulenza genetica, indispensabile per la pianificazione di altre gravidanze''. La diagnosi tardiva per una malattia da accumulo lisosomiale, un gruppo di patologie rare che possono tradursi in disabilità grave e morte precoce, spiega l'esperto, ''è infatti sempre un evento drammatico. Per questo ci battiamo per la diagnosi precoce e lo screening neonatale. Siamo il primo gruppo in Italia che si sia impegnato a rendere possibile il test di screening neonatale per 6 malattie genetiche da accumulo lisosomiale utilizzando la metodica della spettrometria''. Ma nuovi fronti, e' stato sottolineato in occasione del Simposio europeo, si aprono anche sul fronte della ricerca: ''Siamo concentrati - afferma Scarpa - sulle nanotecnologie e quelle metodologie che possano permettere che la terapia arrivi al cervello, prevenendo o riducendo i danni causati dalla malattia genetica. Siamo anche impegnati sul fronte della comunicazione al paziente. Per questo - conclude - grazie ad un finanziamento europeo, abbiamo avviato una piattaforma informatica dedicata alle malattie neurologiche pediatriche ereditarie''.
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Fonte: federsanità
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