Il Governo non ha recepito il parere europeo sull'orario di lavoro settimanale e sul diritto al riposo del personale medico. Il termine ultimo scadeva il 30 luglio scorso, e adesso ci saranno sanzioni che inevitabilmente si ripercuoteranno su Asl e utenti. La vicenda nasce nel lontano 2008 e finora nessun Esecutivo ha ritenuto opportuno porre riparo ad una situazione che via via si è fatta insostenibile. Orari e riposo settimanale sono basilari per le condizioni di lavoro dei medici e se peggiorano il rischio di errore aumenta. Per questo motivo da tempo s'invocava una regolamentazione del settore. La Direttiva 88/2003, chiedeva il ripristino della disciplina sull'orario massimo di lavoro settimanale e sul diritto di riposo per il personale medico e sanitario. In base alla legislazione italiana, infatti, numerosi diritti fondamentali stabiliti nella suddetta direttiva, quali la durata media dell'orario settimanale limitata a 48 ore e un periodo minimo di riposo giornaliero di 11 ore, non si applicano agli "amministratori" che lavorano presso il Servizio sanitario nazionale. I medici che lavorano per la sanità pubblica italiana, tuttavia, sono classificati ufficialmente come “amministratori" senza godere necessariamente di prerogative dirigenziali o di autonomia rispetto al proprio orario di lavoro. Ne consegue un'ingiusta privazione dei diritti garantiti loro dalla direttiva sull'orario di lavoro. Il sollecito della Commissione è arrivato sotto forma di parere motivato nel quadro dei procedimenti di infrazione dell'Ue.
Dopo 8 anni, è stato raggiunto un accordo su prerogative permessi e distacchi della dirigenza. L’accordo regolarizza le prerogative sindacali sin qui godute, previene interventi sostitutivi o normativi di ministeri e autorità di controllo restituisce alla contrattazione la competenza esclusiva in materia. Inoltre aggiorna definitivamente l’elenco delle sigle rappresentative che era fermo alla rilevazione del 2004. In un clima politico non favorevole, con le Regioni in testa ad invocare una riduzione dei contingenti non è certo un risultato disprezzabile la firma dell'accordo (clicca qui per scaricare il documento completo). Il nodo della trattativa in questi anni consisteva nel fatto che 30 dei 90 minuti di permessi per ogni dirigente in servizio sono riservati, per legge, esclusivamente alle RSU. Con l’ultimo contratto quadro (5 ottobre 2005) le Confederazioni della dirigenza ottennero, una tantum, di mantenere i 30 minuti nelle more della costituzione delle RSU peraltro mai avvenuta. L’accordo quadro di ieri mantiene i trenta minuti, sotto forma di distacchi cumulati, fino al 30.6.2014, dopo di che, se non avverranno le elezioni, queste prerogative decadranno. Tuttavia ritenendo che il modello RSU non sia adeguato, compatibile ed applicabile alla dirigenza, con la dichiarazione congiunta n. 2 si è puntualizzato da parte delle Confederazioni e dell’Aran che: “le parti si danno atto che le specificità e la natura delle funzioni dirigenziali non consentono una mera trasposizione della vigente normativa relativa alle RSU del personale del comparto. In tale ottica, ritengono necessario avviare, quanto prima, un confronto volto ad individuare, nell’apposito accordo di definizione del regolamento elettorale, la composizione, le modalità, gli ambiti e le peculiarità della disciplina delle rappresentanze elettive della dirigenza”. Saranno pertanto le Organizzazioni sindacali e le Confederazioni della dirigenza a decidere se e in che modo la dirigenza stessa dovrà munirsi di organismi sindacali elettivi senza subire modelli esterni palesemente non congrui. Non era il CCNQ permessi e distacchi la sede per un dibattito sulla rappresentanza sindacale elettiva della dirigenza, fermo restando che in loro assenza dal 1.7.2014 l’entità dei permessi si ridurrà del 30%. E’ stata respinta la richiesta delle Regioni di estendere il taglio del 15% dei permessi ai dipendenti del SSN e delle amministrazioni locali, in analogia con quanto avvenuto nelle amministrazioni statali, come anche la clausola, sollecitata dal comitato di settore delle regioni, di utilizzare i permessi per le trattative aziendali.
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Fonte: intersindacale
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