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La microelettronica entra nel corpo umano

Sanità pubblica Redazione DottNet | 09/09/2013 20:30

Una 'pellicola' che avvolge il cuore pronta a intervenire in caso di malfunzionamenti o una 'navicella' capace di rilasciare principi attivi direttamente dove serve evitando il sistema immunitario sembrano usciti dalla penna di uno scrittore di fantascienza ma sono ormai realtà.

A presentare le ultime meraviglie della nanotecnologia applicata alla salute è stata una sessione del meeting della American Chemical Society in corso a Indianapolis.  Grazie alle nanotecnologie, ha spiegato John Rogers dell'università dell'Indiana, è possibile ottenere non solo dispositivi molto più piccoli, ma anche flessibili. ''Questo permette di farli aderire alla maggior parte degli organi del corpo, compresa la pelle, il cuore e il cervello - spiega Rogers - l'adesione avviene grazie a deboli interazioni elettriche, il che permette che i dispositivi seguano i movimenti naturali senza nessuna costrizione''.  Un'applicazione di questo tipo di dispositivi è appunto il 'pericardio sintetico', un 'cerotto' che può ricoprire tutte e quattro le camere dell'organo trovando i segni premonitori delle aritmie. La pellicola è stata già testata sia su animali che cuori umoani espiantati, e un giorno potrebbe essere in grado anche di rilasciare delle piccole scariche elettriche agendo da defibrillatore. Il laboratorio di Rogers ha anche già realizzato dei 'tattoos' di questo tipo da applicare sulla pelle per tenere sotto controllo parametri come idratazione e tasso di zuccheri ad esempio negli atleti.

Agendo sui nanomateriali usati, continua l'esperto, che ha già fondato cinque start up basate sulle proprie scoperte, si possono poi ottenere delle 'toppe' in grado di scomparire dopo un periodo che va da qualche ora a diversi giorni. Una applicazione, già testata su topi e in provetta, è un filo per suture fatto di magnesio, silicio e seta che è in grado di capire se è in atto un'infezione e di uccidere i batteri con l'elettricità. Utilizzando diversi strati di nanomateriali invece, ha spiegato Paula Hammond dell'università di Cambridge, è possibile realizzare dei 'trasportatori' di farmaci che a seconda del numero di 'fette' possono impiegare da pochi giorni a diverse settimane. In questo caso per 'ancorarli' al sito dove serve la medicina si usano delle molecole che 'riconoscono' ad esempio la presenza di un tumore. ''Questi sistemi - spiega l'esperta - possono agganciare le cellule sia in vivo che in vitro, e manipolare il loro comportamento''. 

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Fonte: american chemical society

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