Dalla rete ospedaliera alla revisione dei Lea e dei ticket, dall'edilizia sanitaria a un intervento sui piani di rientro. Su tanti fronti bisogna invertire la rotta se si intende garantire universalmente livelli di assistenza adeguata, ma in primo luogo bisogna smettere di tagliare risorse al settore sanitario, decurtato di 31 miliardi dal 2010 al 2015.
E' quanto chiede la conferenza delle Regioni, ascoltate dalle commissioni Affari sociali e Bilancio della Camera, nell'ambito dell'indagine conoscitiva "La sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica". "Siamo in una fase di fortissima sofferenza di risorse. "Dal 2006 al 2010 i fondi stanziati sono cresciuti con ritmi in media del 4%, poi si sono stabilizzate crescendo dell'1%, infine da quest'anno sono addirittura in calo, per la prima volta", ha spiegato Luigi Marroni, assessore per il diritto alla salute della Regione Toscana. La crisi economica rischia quindi di far venire meno l'universalità del Servizio Sanitario Nazionale. Molti i fronti su cui intervenire secondo il documento messo a punto dai presidenti di regione. "Abbiamo un enorme patrimonio edilizio da riqualificare e, prima ancora, da mettere in sicurezza e mettere a norma". Per farlo "serve individuare un piano di investimenti con risorse certe", "anche attraverso un piano di dismissioni". Stessa urgenza per l'intervento sui piani di rientro, che in alcune regioni sono stati "più che una riforma una compressione economica". Necessaria poi una diversa regolamentazione del reclutamento del personale sanitario, in particolare dove perdura il blocco del turn-over, da cui sono "scaturiti in un proliferare di contratti atipici e di servizi, non meno costosi ma in genere di minore qualità". Un'azione sulla riqualificazione del personale e sulla revisione della contrattazione, orientatandola su "meritocrazia e sblocco delle carriere" potrebbe essere "una delle chiavi di volta per rimotivare tutto un mondo che ne ha anche un po' bisogno".
Costo del personale: "Esiste una grande variabilità del costo del personale sanitario tra le varie regioni. Parliamo di una differenza di costo di un infermiere tra una regione e l’altra di circa 6000 euro o di 15000 per un dipendente amministrativo. Dati che hanno bisogno di essere indagati", ha dichiarato il Presidente della Struttura tecnica di monitoraggio paritetica istituita presso la Conferenza Stato-Regioni(STEM), Laura Pellegrini, a margine dell'audizione sulla sostenibilità del Sistema sanitario nazionale in corso davanti le Commissione Affari sociali e Bilancio della Camera. Diminuisce, in generale, anche se di poco, il costo complessivo del personale sanitario in Italia. Nel 2011 si sono spesi 36 miliardi e 149 milioni di euro per il comparto sanitario, con una diminuzione dell’1,3% rispetto al 2010. Il costo medio del personale è di 56.240 euro annui ma esiste una differenza tra le regioni, che tocca i 14-15.000 euro. Un range che sale se si guarda alla dirigenza sanitaria: il costo medio per il 2011 è di 113.705 con differenze regionali fino a 20.000 euro. Una differenza almeno in parte dovuta dal fatto che "alcune pagano stipendi molto più elevati perché approfittano di fondi integrativi aziendali che altri non hanno", spiega la Pellegrini.
Mancati pagamenti: i mancati pagamenti delle aziende sanitarie alle imprese fornitrici, il cui ammontare supera i 2 punti di Pil, sono una forma di finanziamento occulta del Sistema Sanitario Nazione. Un sistema la cui universalità è a rischio perché il pubblico non ne sostiene più la spesa". E' quanto dichiara il direttore Generale di Confindustria, Marcella Panucci a margine dell'audizione davanti alle Commissioni Affari sociali e Bilancio della Camera. "Nel 2010 la spesa privata italiana è risultata pari a 30,3 miliardi di euro, ovvero il 20% della spesa sanitaria totale", livello al quale andrebbe ragionevolmente aggiunta una quota significativa di spesa sanitaria sommersa. Un aspetto importante, che differenzia l'Italia da altri paesi europei, riguarda le modalità di pagamento. "La vera differenza sta nel fatto che una quota largamente preponderante di tale spesa è cash e dunque soggetta ad evasione, ha spiegato durante l'audizione il direttore Panucci, mentre in altri paesi è intermediata da agenti collettivi, siano essi assicurazioni private, organismi non profit, mutue o altro". Per questo, secondo Confindustria, per migliorare la situazione economica del Servizio sanitario nazionale, alla luce del fatto che il suo peso sul Pil crescerà nei prossimi 40 anni, 1,8% e contemporaneamente ridurre la percentuale di sommerso, bisognerebbe investire in strumenti come i fondi sanitari, consentendo a chi li sceglie, di dedurne una percentuale nella dichiarazione dei redditi.
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Fonte: commissione affari, assessore sanità toscana
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