Non c'è alcuna infezione che possa giustificare la chiusura delle rianimazione ai parenti dei malati; eppure "solo il 20% delle strutture italiane ha le cosiddette rianimazioni aperte". Lo afferma il professor Massimo Antonelli, il presidente della società degli anestesisti e rianimatori al congresso nazionale che si apre oggi a Roma.
"Uno dei temi ai quali abbiamo voluto dare una particolare rilevanza - ha spiegato Antonelli – è la comunicazione degli operatori sanitari nei confronti dei pazienti e dei loro familiari. L’umanizzazione della medicina passa attraverso una buona comunicazione in una fase molto delicata della cura che avviene nelle terapie intensive e nelle rianimazioni e rafforza il supporto psicologico nei confronti dei familiari e del malato. Per anni si è utilizzato lo spauracchio delle infezioni per tenere le porte chiuse in queste strutture; ma non ci sono dimostrazioni scientifiche che avvalorino questi pericoli. E’ sufficiente lavarsi bene le mani - ha aggiunto il presidente della Siaarti - e solo in particolari casi è raccomandato l’uso di mascherine, copri scarpe e cuffia. Alcuni anni fa era stato presentato un progetto di legge sull’apertura della rianimazioni - ha detto Antonelli - che aveva ottenuto un sostegno trasversale tra le forze politiche.
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Fonte: siaarti
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