Una cifra colossale pari a diverse manovre finanziarie. Sei miliardi di euro l’anno spariscono a causa di medici, infermieri, manager e pazienti. Insomma tutti coloro che frequentano e lavorano nel pianeta sanità. Ma è interessante capire sul “come” si ruba: con le mazzette, con i benefit, con le fatture e con gli interventi falsi o gonfiati, con la paura, con le prescrizioni, con le liste d’attesa, con le cliniche e gli ospedali inesistenti.
E così riemergono decine di casi, come gli «incentivi» offerti da dodici informatori scientifici della multinazionale Sandoz (che ha contestato i comportamenti dei suoi collaboratori e ha inviato a tutti lettere di sospensione): vacanze gratis — a volte con famiglia —, gioielli, pc, borse di pelle, bonifici bancari. Giro d'affari complessivo per 500 mila euro in cambio di migliaia di prescrizioni di ormoni per la crescita. “Unhealty healty system”, ovvero la sanità malata, è il titolo del report elaborato da Davide Lorenzo Segato per il Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità e da Transparency International Italia e anticipato dal Corriere della Sera e Blitz e che analizza il servizio pubblico nazionale svelandone criticità, sprechi e illeciti. Il testo completo sarà reso pubblico entro la fine del mese ma, già dalle anticipazioni, il quadro che appare non è certo un quadro allegro.
Mazzette e corruzione: Sugli oltre 110 miliardi di euro che ogni anno l’Italia spende per la sua sanità, si legge su Blitz, ben 6 finiscono in mazzette, malaffare, corruzione, cattiva amministrazione. Vengono cioè distratti da quello che sarebbe il loro destino e, invece di contribuire alla cura dei pazienti, finiscono nelle tasche di qualcuno.
Appalti: La parte del leone la giocano gli interessati al capitolo appalti, là dove cioè le mazzette hanno forma “classica” e sostanza corposa. Là dove manager pubblici possono farsi corrompere da imprenditori senza scrupoli o, al contrario, dove manager disonesti possono costringere onesti imprenditori a pagare per garantirsi la vincita di un appalto. Il “come” in questo caso è fatto di mazzette di soldi e appalti truccati, fatti ad hoc, di fatture false o gonfiate e contratti distorti. Nella sezione “spesa per i farmaci” i cattivi sono invece i medici, i farmacisti e gli informatori sanitari. I primi possono prescrivere farmaci inutili o persino dannosi, o possono privilegiare una casa farmaceutica al posto di un’altra in cambio di favori. Raramente denaro contante e più spesso benefit: viaggi, computer e simili. I farmacisti possono a questo mercato collaborare e gli informatori sanitari possono corrompere, a volte anche su indicazione delle stesse case farmaceutiche che però, puntualmente, smentiscono di essere loro le ideatrici delle “politiche di convincimento”.
I generici. Sul tema interessante è vedere la quota di mercato occupata dai farmaci generici, quelli che consentono risparmi a pazienti e sistema sanitario su cui non si può lucrare. In Germania questi farmaci valgono oltre il 30% del mercato, in Francia e in Inghilterra il 30 e, in Italia, circa il 10%. Peggio di noi la Grecia: 1%. Nel capitolo pubblico/privato i piani di rischio diventano doppi. Il primo quello che vede come soggetti agenti nuovamente manager ed imprenditori che possono accordarsi e corrompersi per far sì che una struttura privata venga accreditata presso il sistema sanitario nazionale, e che possa quindi godere dei rimborsi, e possono poi continuare a mistificare su fatture e prestazioni varie con il fine, ovviamente, di incassare dal pubblico il più possibile. Il secondo piano è poi quello abitato da medici e pazienti con i primi che possono “indirizzare” i secondi verso il privato in modo da ottenere un tornaconto e i secondi che, per certi versi incredibilmente, possono trasformarsi anche loro in “ladri”, come quando acconsentono a far figurare un intervento come un altro per ottenere uno sconto.
Infine la politica: il report di Transparency indica nella lottizzazione un fattore di rischio trasversale per tutte le degenerazioni criminali. Il manuale Cencelli è talmente rodato che, nell'ultima tornata di nomine della Regione Lombardia (dicembre 2010) perfino l'allora assessore alla Sanità, Luciano Bresciani (Lega), non si è nascosto: «La logica nella nomina dei direttori generali di Asl e ospedali è legata al peso del voto espresso dalla popolazione — è stata la sua ammissione —. Le proporzioni saranno pesate sul volume di preferenze». Dopo il voto, il consenso ottenuto della Lega dava «diritto» a 19 manager su 45. Un numero, guarda caso, perfettamente rispettato nella scelta dei direttori generali. Gli altri 26 sono toccati al Pdl, in linea con il 57 per cento delle preferenze. Tre mesi dopo quelle nomine, esplode il caso San Raffaele che svelerà gli intrecci e il malaffare nella sanità lombarda. Fino a travolgere l'allora governatore, Roberto Formigoni, finito nel registro degli indagati per corruzione.
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Fonte: Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità, Transparency International Italia, corriere della sera, blitz
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