Duecento progetti di buona sanità per una 'Spending review intelligente'. Sono quelli che arrivano dagli ospedali italiani che, investendo in buone pratiche per cure e amministrazione, riescono ad ottenere un duplice risultato: un miglioramento dell'assistenza ed un consistente taglio dei costi.
A raccogliere i progetti 'virtuosi' è la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) in un Libro bianco che è anche fruibile in rete, perchè gli esempi di innovazione possano essere facilmente 'copiati' anche da altri ospedali sul territorio. Quella fotografata dal Libro bianco, presentato oggi e realizzato in collaborazione con l'ANSA, ha affermato il presidente Fiaso Valerio Fabio Alberti, ''è una sanità di qualità in tanti settori. Ma il messaggio che ne deriva - ha sottolineato - è anche che la buona gestione e amministrazione è di per sè la 'Spending review' che rende di più, dimostrandosi lo strumento essenziale anche per risparmiare. In questo modo si recuperano risorse da reinvestire nella Sanità stessa''. Un esempio su tutti è quello che arriva dalla Asl 4 di Prato: con soli mille euro ad anziano, la Asl garantisce l'assistenza domiciliare agli over-65 soli non autosufficienti, formando anche le badanti e abbattendo le più costose giornate di ricovero o di degenza in Residenze sanitarie assistite (Rsa), il cui costo è di circa 3mila euro al mese per anziano. E sono tanti gli esempi di buone pratiche, sia sul versante dell'assistenza sia su quello organizzativo e manageriale. In totale sono state coinvolte 37 Aziende ospedaliere, circa il 23% in più rispetto alla prima edizione del Libro bianco nel 2011. Ad emergere è anche un altro dato: le pratiche di 'buona sanità' sono in rimonta al Sud dove si collocano il 18,7% delle esperienze 'modello', due anni fa localizzate quasi esclusivamente al Nord (anche se nelle regioni settentrionali sono state selezionate il 56% delle esperienze e nel Centro poco più del 25%). La raccolta, sottolinea inoltre Giampiero Maruggi, vice presidente Fiaso, ''dimostra che è possibile fare buona sanità anche al Sud perché la discriminante non è geografica ma gestionale''. Quanto alla 'classifica geografica' delle buone pratiche, la parte del leone la fa l'Emilia Romagna, con 25 esempi, seguita dalle Marche con 12. Ed ecco un esempio di buone pratiche, come riportano Quotidiano sanità e Fiaso
Over 65: a Prato l’assistenza è a domicilio - Creare un percorso di assistenza domiciliare intensiva per anziani soli e non autosufficienti dopo le dimissioni ospedaliere, che permetta al paziente di rimanere nel proprio ambiente di vita e di ricevere l’assistenza quotidiana di un fisioterapista, un infermiere o di un operatore sociosanitario. Ma con il supporto ancora più costante di un familiare o della badante, appositamente formati per fornire assistenza di prima necessità. E’ l’esperienza della USL 4 di Prato che ha così favorito il rientro a casa del paziente senza transitare da un inappropriato e oneroso ricovero in RSA. Il progetto, dal titolo evocativo, “Dopo l’Ospedale meglio a casa”, costato circa 260mila euro l’anno in larga parte finanziati dai fondi della Regione Toscana, è stato concepito inizialmente come una sperimentazione della durata di 12 mesi, ma visti i risultati soddisfacenti ha ottenuto dopo il primo anno un ampliamento del progetto per ulteriori 12 mesi, con l’intento di prendere in carico circa 260 utenti/anno. Quindi mille euro ad anziano assistito. Quando si dice che offrire servizi alla persona è molto più conveniente che mettere qualche soldo in tasca in più a chi ne ha bisogno. Il servizio, garantito da una équipe multiprofessionale in cui sono presenti un infermiere, un assistente sociale e un fisioterapista, coinvolti a vario titolo nella programmazione progettuale, prevede la prima visita domiciliare entro 24/48 ore dalla dimissione e definisce un piano educativo specifico per paziente e caregiver, finalizzato a supportare l’autogestione della condizione di disabilità. L’équipe garantisce in particolare un follow up telefonico o domiciliare settimanale, fino al termine del programma.
Salute mentale: Trento punta sul sapere di utenti e familiari – La sigla magica che ha riavvicinato a Trento servizi di salute mentale, utenti e loro familiari è UFE. Niente di extraterrestre ma un progetto quanto mai attaccato alla terra di Utenti e Familiari Esperti, nato con l’obiettivo di valorizzare il sapere esperienziale di utenti e familiari e di aumentare la loro partecipazione attiva nelle pratiche quotidiane. L’esperienza degli UFE si prefigge di migliorare la gestione di problemi tradizionalmente comuni nel mondo della salute mentale, come quelli riguardanti l’adesione ai trattamenti, alla soddisfazione e al ruolo delle parti interessate nella governance del sistema, coinvolgendo tutte le parti in causa, dai gruppi di auto-mutuo-aiuto per utenti e familiari ai gruppi di sensibilizzazione fino alla creazione di una Casa dell’auto-aiuto (struttura residenziale con 14 posti letto che vive 24 ore al giorno le pratiche della mutualità). Partendo da questa base operativa si è andata sviluppando nel tempo la figura dell’Utente Familiare Esperto. Dal 2005 ad oggi la figura degli UFE si è diffusa in tutte le aree del Servizio di Salute mentale, e ad oggi gli UFE coinvolti sono circa 40, con diverse mansioni: alcuni operano nel Centro di salute mentale o nel Reparto ospedaliero, altri svolgono funzioni di sensibilizzazione, nelle scuole come nelle comunità, o si tengono in stretto contatto con le famiglie.
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Fonte: fiaso, QS, ansa
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