L'allarme arriva dall'Aifa: aumenta il numero delle reazioni avverse sui pazienti in relazione ai farmaci equivalenti.
“In base ad un'analisi effettuata sui dati registrati, nel primo semestre del 2014, nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF), è emerso uno sproporzionato aumento del numero di segnalazioni di sospette reazioni avverse per alcuni principi attivi per i quali è scaduto il brevetto e quindi esistono i medicinali equivalenti e biosimilari”, si legge in un comunicato dell'Aifa.
Il testo aggiunge anche che “La maggior parte di queste segnalazioni proviene da medici che non avevano mai segnalato una reazione avversa prima del 2014 e da Regioni in cui sono stati stipulati accordi attraverso i quali sostanzialmente il farmacista è autorizzato a non sostituire il prodotto originator con l'equivalente o biosimilare a patto che il paziente sia intollerante a quest'ultimo e che ciò sia dimostrato dall'inserimento nella RNF dell'apposita scheda di segnalazione di sospetta reazione avversa”. L'Aifa precisa che “in un'area vasta e in una grande città le segnalazioni sono aumentate in modo abnorme e, quindi, come Agenzia regolatoria abbiamo ricordato ai medici che se ci sono irregolarità non saremo noi ad occuparcene ma qualcun altro meno comprensivo (Guardia di Finanza e Corte dei Conti n.d.r.)”. Insomma secondo l'Agenzia il dato sarebbe quanto meno sospetto e farebbe presupporre una precisa volontà, da parte di qualche medico in malafede, d'indirizzare le prescrizioni verso prodotti a marchio.
Alcune Regioni stanno facendo gare di acquisto sui farmaci della diretta/dpc e che nel prossimo futuro potrebbero abbracciare un’intera categoria terapeutica, come ammette (a determinate condizioni) il nuovo Patto per la salute. Il risultato di queste gare è che per ogni molecola messa a bando, i medici di famiglia devono prescrivere il farmaco prodotto dall’azienda che ha vinto l’appalto. Sono consentite eccezioni, ma soltanto per casistiche limitate come la prosecuzione della terapia. Nelle altre, assessorati o servizi farmaceutici di alcune Regioni hanno cominciato a chiedere la “certificazione”: se il medico non vuole prescrivere il prodotto “appaltato” perché il paziente non lo tollera, riempia una scheda di segnalazione Adr e la trasmetta attraverso la rete nazionale di farmacovigilanza; la ricetta con accluso il numero della scheda non gli sarà contestata.
Ma ci sarebbero effetti avversi, come si accennava: nel primo semestre di quest’anno, le Regioni che hanno messo in piedi il sistema hanno registrato un boom sproporzionato di segnalazioni. Tutte riguardanti principi attivi senza copertura brevettuale e sospette reazioni avverse di lieve entità, come disturbi gastrointestinali o reazioni allergiche lievi. In numero talmente elevato che nei giorni scorsi l’Aifa ha diramato una comunicazione nella quale si invitano «tutti gli operatori sanitari a una segnalazione responsabile non focalizzata soltanto su alcune specifiche tipologie di medicinali».
Anche se l’Aifa non dà riferimenti precisi, i due “focolai” che hanno fatto scattare l’allarme sarebbero la Sicilia e un’Area vasta dell’Emilia Romagna che copre il ferrarese.
Due aree dove è in vigore una diretta-dpc che prevede gare di acquisto e impone ai medici la compilazione di una scheda Adr quando il farmaco prescritto non è quello “appaltato”. «Su alcuni medicinali - spiega Achille Caputi, docente di farmacologia all’università di Messina, tra i responsabili della rete regionale di farmacovigilanza, intervistato da Filodiretto - abbiamo registrato in Sicilia un numero di segnalazioni pari al 60% del totale nazionale. E’ evidente che si tratta di una cifra abnorme. Addirittura, abbiamo farmaci che sono diventati oggetto di segnalazione soltanto da quando è scaduto il brevetto». In ogni caso, che le cause del fenomeno sia la dpc sui senza brevetto parrebbe dimostrato: «Nell’esaminare i dati» prosegue Caputi «abbiamo riscontrato picchi analoghi in un’Area vasta dell’Emilia Romagna: abbiamo telefonato, abbiamo chiesto se anche lì ai medici che sostituivano era chiesta la segnalazione Adr e la risposta è stata affermativa».
Impossibile non mettere questi dati in relazione con le regole volute dalla Regione per governare la dpc. «L’idea messa in piedi dagli esperti dell’Assessorato è in sé brillante: se il medico non prescrive un generico perché sa di effetti avversi, è suo dovere fare una segnalazione. L’idea però ha finito per introdurre una rigidità che ai mmg non è piaciuta, da cui la reazione. Che innescherà però un bel contenzioso. Alcune Asl, infatti, stanno iniziando a chiedere ai medici spiegazioni per quelle schede di Adr: se non hanno mai prescritto al paziente quel farmaco, come fanno a conoscere in anticipo le reazioni?».
E’ la stessa domanda che a questi generalisti potrebbero porre i Nas, come minacciato dal direttore generale dell’Aifa, Luca Pani. «Il fatto è che per convincere i medici a fidarsi del generico servono altri strumenti - continua Caputi - e occorre anche un’amministrazione sanitaria più presente e credibile, come dimostra il fatto che al Nord i mmg sono più inclini a prescrivere generici dei loro colleghi al Sud. Quali strumenti? Se l’Aifa adottasse l’orange book dell’americana Fda, la sostituzione guadagnerebbe in credibilità e coerenza».
Fonte: aifa, filodiretto, federfarma
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