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Corte europea: i precari degli enti pubblici vanno assunti

Sanità pubblica Redazione DottNet | 26/11/2014 22:12

L'Europa bacchetta pesantemente l'Italia per l'abuso dei contratti a termine. Coinvolti nel richiamo anche i dipendenti precari della sanità e degli enti pubblici. La bomba scoppia con i contratti dei prof e offre una sponda ai sindacati che ritengono insufficienti le 150 mila assunzioni previste nel piano "La Buona scuola".

La normativa sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, quindi anche della sanità, "è contraria al diritto dell'Unione; il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato" stabilisce una sentenza, attesissima, arrivata ieri dalla Corte di giustizia europea. Per l'Anief (tra i promotori dei ricorsi) la sentenza avrà effetti sul sistema di assunzioni in tutta l'amministrazione pubblica (sanità, regioni, enti locali ecc..). E', insomma, un duro colpo per lo Stato italiano, che ora non ha più alibi e deve procedere alla stabilizzazione di tutto il personale precario della scuola, della sanità, dei ministeri, comuni ecc.

, altrimenti saranno i Tribunali a supplire a tale carenza. Se la situazione non verrà sanata nel breve periodo, essendo il nostro paese sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea (procedura 2124/2010) per abuso dei contratti a termine, procedura estesa ad agosto 2013 a tutto il precariato pubblico, verremo tra l’altro condannati al pagamento di una multa milionaria, che certamente, con la grave crisi economica attuale, non possiamo permetterci.

 

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Ma vediamo che cosa è successo: in sostanza a Lussemburgo hanno trovato piena accoglienza le ragioni di migliaia di docenti e Ata che negli anni hanno fatto ricorso chiedendo di essere assunti sulla base di un'anzianità di servizio superiore ai tre anni, come previsto da una direttiva Ue (1999/70) che impone agli stati membri l'adozione di misure preventive per evitare appunto l'abuso dei contratti a termine. La sentenza della Corte beninteso non determina di per se' assunzioni immediate (spetta ai giudici italiani risolvere le controversie nazionali adeguandosi al 'verdetto' europeo), ma fa giurisprudenza spianando la strada a una valanga di ricorsi. Ora centinaia di migliaia di precari, tra tutti gli enti pubblici, potrebbero ottenere l'assunzione attraverso la magistratura che dovrà assimilare la sentenza della Corte europea. Quelli della scuola, assunti da settembre 2015 secondo gli impegni del governo, potranno chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante.

 

Il ministro Giannini mette le mani avanti. "Mi pare che i contenuti e i metodi che la Buona scuola prevede siano perfettamente in linea, ma anticipatori, rispetto a quello che la Corte europea in questa sentenza ha indicato" ha commentato. Quanto all'ipotesi di incrementare il numero di immissioni in ruolo alla luce della sentenza, si è mostrata cauta: "prima di dare numeri bisogna leggere con molta attenzione questo che è un primo passo, peraltro atteso, che è appunto la sentenza della Corte europea. Ci sarà poi una presentazione in commissione delle misure che l'Italia ha attivato con una certa tempestività, ma non solo di fronte a questo tema, che ci è noto e dalla cui consapevolezza siamo partiti". Esultano i sindacati. "Meno male che l'Europa c'è" commenta con soddisfazione il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. "Sfidiamo il Governo a dare immediata attuazione alla sentenza stabilizzando tutti i precari" aggiunge il leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. "Entro il mese di dicembre verranno impartite istruzioni operative a tutte le nostre sedi provinciali per intraprendere iniziative, anche giudiziarie, volte alla stabilizzazione del precariato pubblico" informa la Gilda che ha già indirizzato una diffida a Palazzo Chigi e al ministero dell'Istruzione.

 

stralci della sentenza:

Al punto 72 della sentenza secondo la Corte “occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti dallo stesso, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (v., in particolare, sentenze Adeneler e a., C 212/04, EU:C:2006:443, punto 63; Kücük, C 586/10, EU:C:2012:39, punto 25, nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 54)”; al punto 73 la Corte afferma che “come risulta dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro, così come dai punti 6 e 8 delle considerazioni generali di detto accordo quadro, infatti, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (sentenze Adeneler e a., EU:C:2006:443, punto 62, nonché Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 55)”.

 
La Corte interviene sulla nozione di ragioni obiettive, ciò quelle in grado di derogare all’accordo quadro e rendere giustificata la stipula di contratti a termine, ribadendo il concetto che queste devono essere reali e non ipotetiche. A tal proposito la Corte statuisce che “di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene il governo italiano, il solo fatto che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali possa essere giustificata da una «ragione obiettiva» ai sensi di tale disposizione non può essere sufficiente a renderla ad essa conforme, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”, al punto 108 continua la Corte stabilendo checome “ne deriva che una normativa nazionale, quale quella di cui ai procedimenti principali, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili nelle scuole statali solo per un periodo temporaneo fino all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l’applicazione concreta di tale ragione obiettiva, in considerazione delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro”.

 

 

Fonte: ansa, QS

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