La terapia ormonale sostitutiva, usata per alleviare i sintomi della menopausa, torna di nuovo sul banco degli imputati. Questa volta a metterla 'sotto accusa' è uno studio dell'università di Oxford, pubblicato sulla rivista Lancet, che dopo aver rivisto 52 diverse ricerche condotte su oltre 21mila donne, è arrivata alla conclusione che aumenta il rischio di cancro alle ovaie.
In particolare ha riscontrato un aumento dei casi anche a breve termine, per circa una donna ogni mille che assume questi farmaci, per 5 anni, dopo i 50 anni d'età. ''Dire che non vi sia rischio a breve termine - commenta Richard Peto, coordinatore dello studio - dalla terapia ormonale sostitutiva non è vero''. Sull'impatto e gli effetti sulla salute delle donne di questi farmaci, medici e ricercatori dibattono da tempo. Uno studio del 2010, seguito del famoso 'Women Health Initiative Study', il primo a rivelare nel 2002 l'aumento dei pericoli di tumore della mammella derivanti dalle cure a base di ormoni, rivelò infatti che le donne in menopausa sotto terapia ormonale corrono rischi più elevati di sviluppare tumore del seno invasivo e di morirne.
Uno studio del 2011 dell'università di Newcastle aveva riscontrato che prendere la pillola contraccettiva per dieci anni dimezza il rischio di tumore alle ovaie nelle donne. La stessa Società italiana di contraccezione ha ribadito recentemente come la pillola dimezzi il rischio di ammalarsi e l'effetto protettivo duri di più tanto più prolungata è l'assunzione nel tempo. Una protezione che dura fino a 30 anni dalla sospensione della pillola. Ma secondo quest'ultimo studio, il collegamento tra terapia ormonale e cancro alle ovaie nelle donne in menopausa c'è, sia nel caso di terapia a base di ormoni estrogeni che di progestinici. Per la precisione, secondo Peto, può esserci un aumento dei casi di tumore per una donna su mille che assume la terapia, e di morte per una donna ogni 1.700. Il rischio, conclude lo studio, cala man mano che passa del tempo da quando si è interrotta la terapia.
fonte: ansa
Sono un antiepilettico e un farmaco per il colesterolo che insieme sono in grado di modificare la biologia del tumore e potenziare l'effetto della chemioterapia
Dal melanoma al seno. Da studiare il fenomeno della resistenza in certi pazienti
Ricercatori di IEO e dell’Università degli Studi di Milano scoprono come farmaci già in uso possono essere potenzialmente efficaci contro tumori con una diffusa anomalia genetica
I nuovi dati dello studio MARIPOSA, presentati alla World Conference on Lung Cancer 2024, hanno confermato una superiorità clinica a lungo termine della terapia amivantamab più lazertinib rispetto alla monoterapia con osimertinib
Sono un antiepilettico e un farmaco per il colesterolo che insieme sono in grado di modificare la biologia del tumore e potenziare l'effetto della chemioterapia
Dal melanoma al seno. Da studiare il fenomeno della resistenza in certi pazienti
Ricercatori di IEO e dell’Università degli Studi di Milano scoprono come farmaci già in uso possono essere potenzialmente efficaci contro tumori con una diffusa anomalia genetica
I nuovi dati dello studio MARIPOSA, presentati alla World Conference on Lung Cancer 2024, hanno confermato una superiorità clinica a lungo termine della terapia amivantamab più lazertinib rispetto alla monoterapia con osimertinib
Commenti