Con la fede al dito è più facile dire addio alle sigarette. Lo rivela l'identikit del fumatore che riesce ad arginare il vizio, mettendo le “bionde” nel dimenticatoio. A tracciarlo Leonardo Fabbri, a capo della struttura complessa di malattie dell'apparato respiratorio dell'azienda ospedaliero-universitaria di Modena. "Uomini sposati che convivono con non fumatori, poco dipendenti dalla nicotina - spiega Fabbri tracciando l'identikit di chi riesce a piantare il vizio - che hanno iniziato tardi a fumare e hanno già provato a smettere per periodi abbastanza lunghi. Prendere in considerazione questi elementi serve a capire chi ha più difficoltà a farcela e aiuta a intervenire in maniera più incisiva, quando occorre.
Le donne, ad esempio, vanno aiutate a non temere l'aumento di peso e a fronteggiare gli effetti del ciclo mestruale sui sintomi dell'astinenza. Con chi ha iniziato a fumare da giovane, è invece necessario adottare una strategia aggressiva fin dall'inizio". E le “bionde”, ma soprattutto le strategie per abbandonare il vizio, saranno uno dei temi centrali per affrontare il problema della Bpco. "Bronchite cronica e asma bronchiale colpiscono in Italia oltre 6 milioni di persone – ricorda Fabbri - Sensazione di fiato corto e difficoltà crescente a compiere sforzi anche minimi sono i campanelli d'allarme, in particolare per la broncopneumopatia cronico ostruttiva responsabile di 18 mila decessi l'anno nel nostro Paese. Contro la Bpco abbiamo nuove armi per aumentare la qualità della vita dei malati, spesso gravemente limitata, ma non disponiamo ancora di soluzioni per bloccare la progressione della malattia".
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
Lo rivela un ampio studio presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) a Vienna da Anne Vejen Hansen dell'Ospedale Universitario di Copenaghen
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento diretto dallo pneumologo hanno avuto un minore utilizzo successivo dell'assistenza sanitaria per malattie respiratorie rispetto a quelli che hanno ricevuto cure abituali
Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
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