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Dal Corriere della Sera: La giungla degli impianti dentali

Odontoiatria Redazione DottNet | 14/12/2008 09:58

Trecento. Giovani, nel senso di appena sfornati da qualche laboratorio, forse. Forti, cioè buoni, è tutto da dimostrare. Nella giungla degli impianti dentali in circolazione da Trapani a Bolzano — tanti ne ha contati la Società italiana di implantologia —, il punto è proprio questo: come fa un cittadino comune a capire se il sistema vite-corona che il dentista gli propone, è di buona qualità? Che garanzie ha sulla durata del dente artificiale? O sul tipo di lavoro fatto? Se poi fosse necessario rinforzare l'osso di sostegno, chi certifica la provenienza dell'eventuale osso bovino utilizzato?
 

Non sono domande oziose. Chi ci è passato, lo sa. Gli altri possono dare un'occhiata, anche solo distratta, alla miriade di modelli, prezzi e offerte sparsi sul web. Il punto è anche un altro: «Dei 300 sistemi censiti, solo una decina sono approvati a livello mondiale con test che garantiscano l'assenza di rischi per la salute», spiega Leonardo Trombelli, docente di Parodontologia e implantologia all'università di Ferrara e presidente della Sio. Cosa vuole dire? Come qualsiasi dispositivo, gli impianti dentali devono avere il marchio Ce richiesto dalla direttiva europea 93/42, con il quale si attesta la conformità alle normative comunitarie necessarie per la commercializzazione del prodotto nel mercato unico.
«Il problema è che purtroppo si tratta di una autocertificazione », dice Giorgio Riva, direttore di Chirurgia e Odontostomatologia all'Eastman, l'unico ospedale odontoiatrico pubblico del Centro-sud e il primo ad aprire un ambulatorio espressamente dedicato alle cure dentarie di pazienti ipovedenti o ciechi. Come garanzia ulteriore, oltre al marchio europeo, adesso c'è il «passaporto» implantare: un documento sul quale possono essere applicate le etichette dei componenti utilizzati per consentirne la rintracciabilità.


Le aziende più serie, di solito, lo danno agli studi dentistici che però non sono obbligati da nessuna legge a consegnarlo ai pazienti.
Come si spiega questa schizofrenia del sistema? «Il medico ha solo un dovere deontologico — sottolinea Trombelli —. Purtroppo la qualità e la sicurezza hanno un costo, che però non ha un ritorno per gli studi dentistici. Rendere il passaporto obbligatorio per legge, sarebbe uno buon strumento. Per ora, in realtà, deve essere il paziente a prendere l'abitudine di chiederlo ».
Un paradosso, secondo l'Aduc, l'Associazione diritti utenti e consumatori: «Il paziente è indifeso — sottolinea Primo Mastrantoni, il segretario nazionale —. Non vogliamo dare addosso alla categoria, perché ci sono dentisti che fanno bene il loro lavoro. Però non si può aspettare l'iniziativa del cittadino.

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Devono essere gli Ordini professionali a muoversi con un controllo serrato, continuo e costante della professionalità, della qualità delle prestazioni e delle attrezzature del singolo medico». Dello stesso parere, è Tiziano Testori, presidente della Società italiana di chirurgia orale e implantologia: «C'è da sperare che in un prossimo futuro la categoria diventi veramente trasparente — si augura —, informando i pazienti dei presidi medico-chirurgici utilizzati e dei loro costi, data l'attuale disparità, strabiliante, fra un impianto ed un altro». Sarà anche per questo che 6 italiani su 10 nell'arco dell'ultimo anno non hanno messo piede in uno studio odontoiatrico. È uno dei dati salienti dell'indagine multiscopo «Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari» condotta dall'Istat.
Secondo la ricerca soltanto il 40 per cento degli italiani ha fatto una visita odontoiatrica nel corso del 2005. E nell' 85,9 per cento dei casi ha dovuto sobbarcarsi tutte le spese.
L'estrema confusione nel settore sta generando il fenomeno degli impianti-clone, costruiti spesso nel «retrobottega » di studi dentistici. Costo di produzione, 50 euro, costo per il paziente, 500 euro e più. Ecco perché il 63 per cento degli studi pratica l'implantologia.
D'altra parte, il mercato è estremamente appetibile. Ogni anno in Italia vengono messi circa un milione e duecentomila impianti (negli Stati Uniti 1 milione e mezzo, ma su 300 milioni di abitanti). Si calcola che nel 2007 in Italia il valore del mercato sia stato di 292,5 milioni di euro e infatti il nostro è tra i primi Paesi al mondo per numero di impianti: 2,4 per ogni paziente, in media.
L'implantologia rappresenta il trend in più rapida ascesa nel settore dentale, con un tasso di crescita del 15 per cento annuo.
Non è un caso che il 26 novembre scorso Dentsply, colosso multinazionale statunitense del settore abbia concluso un accordo con l'italiana Zhermack, per ampliare le quote di mercato e sviluppare la produzione.
 

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