Studio Anaao, il 41% ha patologie cardiovascolari. Le nuove regole sugli orari, le posizioni di sindacati e associazioni. Lorenzin: nessuna deroga
Eccessivi carichi e turni 'insostenibili'. Risultato: i medici italiani sono sempre più stressati e malati a causa dell'aumento della mole di lavoro. Costretti a gestire dai 12 ai 22 pazienti al giorno, con 7-16 guardie al mese, lavorando anche dopo il turno notturno, sono molti i camici bianchi che soffrono di malattie cardiovascolari e metaboliche, disturbi del sonno e psicologici. E' il quadro che emerge da una recente ricerca dell'Anaao-Assomed giovani (Associazione dei medici ospedalieri) su 1925 medici.
Obiettivo dell'indagine è valutare le problematiche connesse all'aumento dei carichi di lavoro nella sanità pubblica. Il quadro che ne esce non e' confortante. Per il 73.59% da almeno 2 anni non viene assunto alcun medico nel proprio reparto, mentre per quasi la meta' del campione (48%) da almeno 5 anni. Ciò si verifica prevalentemente (40.78%) nelle regioni sottoposte negli ultimi anni ai piani di rientro, dove si sono avuti tagli fino al 15%.
Come carico di lavoro, oltre la meta' (54%) ha riferito di visitare tra 0 e 11 pazienti al giorno, il 20,6% tra 12 e 16, il 25.4% tra 17 e oltre i 22 pazienti. Per quanto riguarda i turni di lavoro notturno, il 33,3% ne fa da 1 a 3 mensili, il 25,5% da 4 a 5, il 10, 8% tra 6 e 7, e il 5% più di 8 turni. Quasi un terzo (33 %) svolge attività clinica dopo il turno notturno, e quasi il 40% effettua tra le 150 e oltre 250 ore di straordinario l'anno. Un quadro che ha delle conseguenze sullo stato di salute dei medici italiani: il 41% e' affetto da malattie cardiovascolari e patologie metaboliche accertate o sospette, il 40% ha disturbi del sonno. Ed ancora: il 65.5% del campione non riesce ad usufruire con regolarità della pausa pranzo, mentre il 54.
Dal 25 novembre anche l'Italia dovrà rispettare la normativa europea in tema di orario di lavoro in sanità. Scatterà infatti l'abrogazione della vigente normativa nazionale con la quale si disapplicavano nella sanità alcune disposizione europee sull'orario di lavoro. Due le regole che entreranno in vigore: la durata media dell'orario di lavoro non potrà in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario; inoltre, è previsto il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Ma per far fronte alla nuova organizzazione imposta dalle norme Ue, avverte la Fp-Cgil Medici, al Servizio sanitario nazionale mancano ''almeno 5mila medici''.
- LE SANZIONI: in caso di mancato rispetto le Direzioni territoriali del lavoro potranno sanzionare economicamente chi ha disposto la violazione. In caso di violazione delle 48 ore medie settimanali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 10.000 euro. In caso di violazione delle 11 ore di riposo giornaliere la sanzione va da 100 a 3000 euro.
- LE CONSEGUENZE: le due nuove regole, sottolinea la Fp-Cgil Medici, servono a garantire la sicurezza delle cure e a ridurre il rischio clinico. A fronte del blocco del turn over in sanità, ''negli ospedali potrebbero non esserci medici e infermieri sufficienti a poter rispettare le due regole, nonostante l'attuazione di processi di riorganizzazione, con il rischio di minori prestazioni per i cittadini. Maggiormente a rischio sono le Regioni in piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia)''. Secondo stime del sindacato, mancherebbero circa 5mila medici per poter rispettare le normative europee, anche a fronte dei possibili miglioramenti organizzativi. Nelle aziende sanitarie in queste settimane c'è uno ''stato di allerta'', afferma il sindacato: ''Il maggiore allarme è per i piccoli ospedali, le strutture sanitarie territoriali h24, le attività ambulatoriali ospedaliere e i day hospital. Maggiormente colpiti potranno essere l'attività chirurgica (comprensiva dei servizi di anestesia) e i servizi di emodinamica''.
Intanto il governo starebbe valutando una proroga della scadenza per decreto, affermano i sindacati, i quali bollano tale 'escamotage' come ''fuorilegge''. Sulla questione, oggi i sindacati nazionali del pubblico impiego sono stati convocati dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN). Si farà il punto, partendo da un dato di fatto che le organizzazioni sindacali denunciano ormai da tempo: il fenomeno del precariato ''mascherato sotto forma di contratti libero-professionali fittizi, che in realtà sono veri e propri rapporti di lavoro dipendenti privi di qualunque tutela'' per coprire i 'buchi' di personale nelle strutture ospedaliere. Dunque, quello che arriva dalle organizzazioni di categoria è un 'no' deciso alla previsione di un possibile decreto unilaterale, da parte del ministero della Pubblica Amministrazione di concerto con il ministero del Lavoro, per la determinazione di deroghe alla normativa Ue. A questo proposito, il presidente del Comitato di Settore Sanità delle Regioni, Massimo Garavaglia, ha ipotizzato anche una mini proroga di circa due mesi nel primo testo di legge utile per arrivare al prossimo anno.
E se il confronto è accesso, il problema resta concreto, come riconosciuto nei giorni scorsi dallo stesso ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: ''Il medico è come un pilota di un aeroplano, affidereste la vostra vita ad un pilota che non dorme da 72 ore?", si chiede. Della stessa posizione Massimo Cozza della Fp-Cgil Medici, che ribadisce come i riposi in sanità ''sono fondamentali. Chi si farebbe operare da un chirurgo stanco?''. Ora, commenta, ''invece di deroghe unilaterali, si affronti la questione investendo le necessarie risorse nella Legge di stabilità e aprendo le trattative per il rinnovo del contratto 2015-2018''.
Per l'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac), ''se dovesse avverarsi il progetto governativo di emanare un decreto derogatorio, facendo leva su una richiesta unilaterale delle Regioni all'Aran, si assisterebbe ad un'ennesima dimostrazione di antidemocrazia''. Ogni tentativo di evitare l'applicazione della Direttiva, incalza l'Anaao-Assomed, il maggiore dei sindacati dei medici dirigenti, ''rappresenta un atto arrogante delle Regioni, segno della loro incapacità ad affrontare seriamente i problemi connessi, come la riorganizzazione dei servizi''. A questo punto, avverte, ''l'applicazione della Direttiva non può che essere al centro della prossima legge di stabilità, anche al fine di garantire i finanziamenti per stabilizzare l'immenso precariato su cui si è retto il sistema sanitario in questi anni e l'aumento degli organici''. Sul piede di guerra anche gli infermieri: ''Impediremo con tutti i mezzi che pazienti e professionisti - avverte l'Ipasvi - subiscano le conseguenze di una 'normalizzazione' di deroghe fuorilegge rispetto alle indicazioni europee''
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