Anche in Italia, per cefalosporina in esseri umani e pollame
'Superbatteri' resistenti agli antibiotici sempre più diffusi nell'Unione europea e anche in Italia. Presenti in alimenti, esseri umani ed animali, costituiscono ormai un problema che la Commissione europea ha indicato fra le priorità della sua agenda. A registrare la tendenza all'aumento dei casi è l'ultimo rapporto dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) sulla resistenza agli antimicrobici in batteri zoonotici, cioè trasmessi da animali ad esseri umani, animali e alimenti.
"Ogni anno nell'Ue, infezioni provocate dalla resistenza agli antimicrobici portano a circa 25mila morti, ma la minaccia non si limita all'Europa" afferma Vytenis Andriukaitis, commissario Ue alla Salute.
Fra tutti i Paesi europei, l'Italia emerge in particolare nel caso della 'Salmonella infantis', uno dei dieci sierotipi di Salmonella più diffusi, con un livello di resistenza alla cefotaxime, nei casi riportati, del 65% per gli esseri umani e del 55% per il pollame. Difficile sulla base dei dati del rapporto fare una classifica a livello europeo dei Paesi più colpiti dal problema dei 'superbatteri'. "Possiamo dire che c'è un trend generale, non che l'Italia abbia un problema più grave rispetto agli altri Paesi Ue" afferma un portavoce dell'Efsa. In Europa, gli scienziati avvertono che la resistenza alla ciprofloxacina, un antimicrobico importante per il trattamento delle infezioni umane, è molto alta nel caso del 'Campylobacter', riducendo così le opzioni per il trattamento efficace di infezioni alimentari gravi. Il rapporto ha anche trovato prove di resistenza alla colistina, un antimicrobico, della Salmonella ed Escherichia coli tra il pollame nell'Ue. Secondo Mike Catchpole, a capo degli scienziati dell'Ecdc, "è preoccupante perché significa che questo farmaco come ultima risorsa potrebbe presto non essere più efficace per il trattamento di infezioni gravi in esseri umani affetti da Salmonella".
Sono piccoli, eppure talmente pericolosi da poter causare, entro il 2050, un tributo annuo di oltre 10 milioni di vite, più del numero dei decessi attuali per cancro. Sono i "superbatteri resistenti" che avanzano alla velocita' della luce, mentre la ricerca e lo sviluppo di nuove molecole segnano il passo. L'allarme e' stato lanciato dai rappresentanti di istituzioni, società scientifiche e aziende, in un convegno con il patrocinio del Ministero della Salute e dell'Istituto Superiore di Sanità per richiamare l'attenzione "su problema allarmante, potenzialmente drammatico", come quello della resistenza agli antibiotici.
Se i termini dell'emergenza sono ormai chiari cominciano a delinearsi anche le strategie per affrontarla. Due su tutte: la messa in campo di tutte le risorse per accelerare lo sviluppo di nuove molecole antibiotiche e renderle immediatamente accessibili ai pazienti e l'attuazione di una vera e "educazione antibiotica", ovvero l'utilizzo appropriato degli antibiotici sia a casa che all'interno degli ospedali, con poche e semplici regole che vanno dal lavaggio delle mani ma anche limitare l'uso dei cellulari nei ospedali , perche' quest'ultimo e' portatore "inconsapevole" di batteri. E ultimo ma non di minore importanza - precisano gli esperti- "rilanciare la pratica vaccinale, in preoccupante calo, e promuovere l'uso corretto dei vaccini e l'uso consapevole degli antibiotici".
L'Italia ha la "maglia nera" tra l'Europa del paese con le più elevate percentuali di resistenza verso quasi tutti gli antibiotici. Il Nostro paese detiene anche il primato dei maggiori consumatori di antibiotici in Europa, dopo la Grecia, e si calcola che un antibiotico su 5 sia usato in modo inappropriato. E' anche tra i paesi europei con i livelli più alti di antibiotico-resistenza con una situazione non uniforme tra nord e sud. I dati dell'Istituto Superiore di Sanità confermano, infatti, che i livelli di resistenza sono più alti al centro e al sud Italia, dove è più elevato anche il consumo di antibiotici. Per "dare i numeri", in Italia le infezioni correlate all'assistenza intra-ospedaliere colpiscono ogni anno circa 284.000 pazienti (dal 7% al 10% dei pazienti ricoverati) causando circa 4.500-7.000 decessi. Le più comuni infezioni sono polmonite (24%) e infezioni del tratto urinario (21%).
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