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Cancro al rene, l'arma in più può essere l'immunoterapia

Oncologia Redazione DottNet | 19/04/2016 13:15

60% dei tumori è stato scoperto per caso: la nuova molecola migliora la sopravvivenza

Anche per il tumore del rene, come per altri, l'immunoterapia può essere l'arma in più. E'emerso in un incontro dedicato a questa malattia. Nel 2015 sono stati 10.400 i nuovi casi, nel 60% dei casi la patologia viene scoperta in maniera occasionale, con un semplice controllo per altri motivi ed è spesso individuata in fase precoce, ma circa un quarto delle diagnosi avviene in stadio avanzato, con limitate possibilità di trattamento. Gli occhi sono ora puntati in particolare su una nuova molecola immuno-oncologica, nivolumab, sperimentata in poco più di un anno in 5 studi interrotti in anticipo perché hanno raggiunto l'obiettivo di un aumento della sopravvivenza. Il melanoma ha aperto la strada, poi il tumore del polmone non a piccole cellule, e, negli ultimi mesi, il carcinoma renale e i tumori testa- collo".

2px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: 17.16px; orphans: auto; text-align: left; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 1; word-spacing: 0px; -webkit-text-stroke-width: 0px; display: inline !important; float: none; background-color: rgb(255, 255, 255);">Nivolumab è approvato negli Usa e in Europa per il trattamento dei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato precedentemente trattati. Uno studio fase tre che ha portato alla registrazione della molecola ha evidenziato un aumento della sopravvivenza del 27%, pari a più di 5 mesi, rispetto allo standard di cura" spiega Sergio Bracarda, direttore Uoc Oncologia Medica di Arezzo. "Nel cancro del rene la chemio e la radioterapia si sono dimostrate, storicamente, poco efficaci - aggiunge Giacomo Cartenì, direttore Oncologia Medica del Cardarelli di Napoli - pertanto la disponibilità di nuove armi come nivolumab potrà migliorarne la capacità di gestione. Va inoltre evidenziato l'aumento significativo dei pazienti vivi. In uno studio di fase 1, a 3 anni è stato evidenziato il 44% di pazienti vivi".

 

"I pazienti nello studio fase tre hanno manifestato un miglioramento dei sintomi legati alla malattia e della qualità di vita"conclude poi Carteni'. Interessanti prospettive potrebbero venire da una combinazione di farmaci (ipilimumab e nivolumab o altri).

 

 

fonte: ansa

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