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Aids: via libera dalla Ue al farmaco preventivo che evita i contagi

Infettivologia Redazione DottNet | 23/07/2016 20:39

Approvata l'estensione dell'indicazione, ora la parola passa ai singoli stati

Spendere cifre anche molto alte per garantire una protezione dal contagio da Hiv ai gruppi a rischio o insistere nel cercare di diffondere le buone pratiche che evitano l'esposizione al virus. Questo dilemma sta per arrivare sui tavoli dei ministeri della Salute del continente dopo che l'Ema, l'autorità regolatoria europea, ha approvato per il Truvada, terapia antiretrovirale già usata in chi è infetto, anche l'uso per la profilassi pre-esposizione (Prep), che riduce i contagi anche in caso di rapporti a rischio.

La terapia in diversi studi si è rivelata in grado di abbassare notevolmente i contagi per persone non infette. In particolare il documento dell'Ema cita due studi, uno condotto su omosessuali o transgender che hanno comportamenti a rischio, in cui i contagi sono calati del 42%, e uno su eterosessuali che hanno un partner fisso sieropositivo, con un calo ancora più marcato, intorno al 75%.

Ora, specifica l'agenzia, il cui parere deve essere adottato formalmente dalla Commissione Ue, la 'palla' passa ai singoli Stati. "Una volta che sarà garantita l'estensione - spiega -, ogni Stato membro potrà prendere una decisione sul prezzo e il rimborso basata sul potenziale ruolo di questo farmaco nel contesto dei sistemi sanitari nazionali". Fino a questo momento l'uso della Prep nei gruppi a rischio è stata limitata praticamente ai soli Usa, dove secondo una ricerca presentata alla conferenza sull'Aids che si chiude oggi a Durban dalla Gilead, l'azienda produttrice della terapia (oltre che del 'superfarmaco' contro l'epatite C), dal 2012, quasi 80mila persone la stanno ricevendo. Lo scorso autunno anche il ministro della Salute francese Marisol Touraine ha annunciato che la Prep sarebbe stata disponibile in Francia a spese del Servizio sanitario nazionale.

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"Questo è un problema molto complesso, è molto difficile pronunciarsi su cosa dovrebbe fare l'Italia - afferma il farmacologo Silvio Garattini, direttore scientifico dell'istituto Mario Negri di Milano -. Da un lato c'è il fatto che evidentemente se la terapia protegge elimina la possibilità del contagio, ma dall'altro può favorire comportamenti a rischio, dando l'impressione che i problemi siano risolti.

Bisogna vedere qual è il vantaggio. Bisogna tenere presente anche che il costo del farmaco è alto, vanno fatte valutazioni di costo-efficacia per cui però al momento non si hanno dati sufficienti".

La questione, conferma Carlo Federico Perno, virologo dell'Università Tor Vergata di Roma, ha risvolti etici molto delicati. "Ci sono sufficienti evidenze per dire che la Prep funziona almeno in determinate categorie di soggetti a rischio - conferma Perno -. Le criticità sono nel nostro sistema sanitario, che è ben diverso da quello Usa. Ad esempio chi dovrebbe prescrivere la terapia alle persone a rischio? E chi deve rimborsarlo, e con quali risorse? E' una priorità per un servizio sanitario che già ha difficoltà a fornire presidi medici importanti? Il ragionamento è sicuramente da aprire, anzi si sta già facendo nella comunità scientifica, ma bisogna valutare attentamente vantaggi e svantaggi. C'è ad esempio un rischio di compravendita delle pillole, e diversi studi hanno verificato un aumento delle malattie sessualmente trasmesse diverse dall'Aids in chi usa la Prep".Fonte: ansa

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