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Uso degli analgesici mette a rischio il cuore, maxi-studio in 4 paesi

Farmaci Redazione DottNet | 29/09/2016 11:58

Secondo il report sono legati al pericolo di uno scompenso cardiaco

Uno studio italiano mostra che tanti antidolorifici di uso comune potrebbero essere associati a un rischio per la salute del cuore, aumentando il rischio di scompenso cardiaco. Si tratta di una ricerca pubblicata sul British Medical Journal e condotta da Giovanni Corrao dell'Università di Milano Bicocca.

Già in passato alcuni studi avevano evidenziato un possibile nesso tra il consumo di alcuni analgesici - sia della famiglia dei fans (antinfiammatori non steroidei) tradizionali, sia della famiglia più nuova degli inibitori dell'enzima COX-2 - e rischio cardiaco ma finora non erano stati analizzati a tappeto tanti diversi analgesici (27 in tutto, 23 fans tradizionali e 4 inibitori del cox-2) né l'effetto dose, per di più su un vasto numero di persone.

Gli esperti hanno osservato quasi 10 mila utilizzatori di analgesici
e oltre 92 mila casi di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (o scompenso) in 4 paesi europei - Italia, Gran Bretagna, Germania, Olanda - e hanno incrociato tra loro questi dati.



I ricercatori hanno così evidenziato l'esistenza di un nesso tra uso di analgesici e rischio cuore, in particolare per nove principi attivi (diclofenac, ibuprofene, indometacina, ketorolac, naproxene, nimesulide, piroxicam; infine etoricoxib e rofecoxib). I ricercatori hanno stimato che l'uso di questi farmaci nei 14 giorni precedenti è associato mediamente a un rischio di ospedalizzazione del 19% maggiore. Ogni analgesico, inoltre, è associato a un rischio diverso che cambia a seconda del dosaggio.

Gli esperti sottolineano che medici e pazienti dovrebbero tener conto del rischio cardiovascolare quando rispettivamente prescrivono e utilizzano analgesici.

Poiché ogni potenziale aumento di rischio potrebbe avere un profondo impatto in termini di salute pubblica, i risultati di questo studio potrebbero aiutare a informare sia la pratica clinica, sia le attività regolatorie, concludono.

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fonte: ansa

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