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Fisco: aumentano i redditi del regime premiale per gli studi settore

Professione Redazione DottNet | 14/04/2017 10:33

Coinvolta una platea di circa 70mila tra imprese e lavoratori autonomi

Salgono a quota 53mila euro i redditi medi dichiarati nel 2015 dai contribuenti che accedono al regime premiale, in aumento rispetto al 2014 in cui si attestavano a 51mila euro. In crescita anche gli studi di settore ammessi al regime, che passano dai 157 del 2014 ai 159 del 2015, coinvolgendo una ulteriore platea di circa 70mila tra imprese e lavoratori autonomi. Sono solo alcuni dei dati emersi dall'analisi dei risultati dell'applicazione del regime premiale per il periodo d'imposta 2015, presentati durante l'incontro tra l'Agenzia delle Entrate e le organizzazioni di categoria. L'analisi, disponibile online sul sito dell'Agenzia ha evidenziato un aumento del numero degli studi di settore ammessi al regime premiale, che dal 2011 al 2015 è passato da 55 a 159.

Inoltre, si è ampliata significativamente la platea dei contribuenti potenzialmente interessati al regime, 2,2 milioni nel 2015 a fronte dei 605mila nel 2011. Crescono anche i redditi medi dichiarati da imprese e lavoratori autonomi che accedono al regime premiale i quali, dal 2011 al 2015, passano da 49mila a 53mila euro, mentre quelli dichiarati da tutti i soggetti potenzialmente interessati si attestano a 26mila euro. Al regime premiale possono accedere i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dall'applicazione degli studi di settore, che hanno regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati e che risultano coerenti e normali con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione.

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Questi contribuenti possono beneficiare dell'esclusione dagli accertamenti analitico-presuntivi, della riduzione di un anno dei termini di decadenza per l'attività di accertamento e della possibilità di determinazione sintetica del reddito complessivo, solo nel caso in cui lo stesso ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (invece che di un quinto come ordinariamente previsto).

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