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Scoperta la causa che innesca il rabdomiosarcoma

Oncologia Redazione DottNet | 26/06/2017 12:37

Si tratta di un gene troppo attivo: regolarlo potrebbe essere la possibile nuova via di cura

Scienziati italiani hanno scoperto il "grilletto" molecolare di un tumore tra i meno curabili nei bambini, il 'rabdomiosarcoma': ripristinando livelli normali dell'attività del gene 'DNMT3B' la crescita del tumore si ferma.    Resa nota sulla rivista Oncotarget, la scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie. Lo studio è stato realizzato presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico Umberto I, grazie anche al sostegno dell'Associazione per la lotta contro i tumori infantili "Io, domani…".

Il rabdomiosarcoma rappresenta il 5% circa di tutte le neoplasie maligne infantili ed è il sarcoma dei tessuti molli più frequente in età pediatrica.

Colpisce soprattutto bambini da 1 a 5 anni, ma anche gli adolescenti e più raramente gli adulti ne possono essere affetti. Il rabdomiosarcoma può svilupparsi in qualsiasi parte del corpo. La sopravvivenza dipende dal tipo di tumore, dalle sue dimensioni, dalla sede di insorgenza, dall'invasione di altri organi. "Negli ultimi 4 anni il nostro gruppo si è focalizzato sull'analisi di particolari caratteristiche biologiche del rabdomiosarcoma al fine di identificare nuovi possibili bersagli terapeutici- spiega Carlo Dominici dell'Università Sapienza di Roma.

Gli studi hanno incluso pazienti diagnosticati e trattati presso la Divisione di Oncologia Pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, diretta da Anna Clerico. Gli esperti hanno dimostrato per la prima volta che l'attività del gene DNMT3B - un enzima che spegne diversi geni - risulta esageratamente aumentata nelle biopsie dei pazienti con rabdomiosarcoma. I ricercatori hanno visto che disattivando il gene si può ridurre la crescita delle cellule tumorali, la loro motilità e la loro capacità di formare metastasi. La scoperta apre a interessanti prospettive per l'impiego clinico di protocolli terapeutici mirati a ripristinare il normale funzionamento dell'enzima DNMT3B, conclude Francesca Megiorni che ha condotto il lavoro.

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