Il reato contestato a quattro amministratori di tre cliniche "Hospice" in carica tra il 2011 ed il 2015
Per quattro anni avrebbero ottenuto dal Servizio sanitario regionale il tetto massimo di rimborsi consentito per prestazioni domiciliari sanitarie e parasanitarie a malati terminali, anche senza aver raggiunto lo stesso tetto di visite necessarie per usufruire dell'intero ammontare. Un "surplus" di sette milioni e 300 mila euro che ora la procura di Roma ha recuperato con un sequestro per equivalente da conti correnti eseguito dai carabinieri del Nas. Un servizio, quello dell'Hospice, offerto dalle cliniche private a malati terminali: quando non ci sono posti a disposizione l'assistenza sanitaria e parasanitaria si svolge nelle abitazioni dei pazienti.
Al centro dell'inchiesta del pm Alberto Pioletti tre cliniche della capitale: Villa speranza, Fondazione Roma e Sant'Antonio da Padova.
Non sono rare le inchieste della magistratura capitolina su rimborsi chiesti illecitamente da strutture private sanitarie. Il caso più roboante, se non altro per la dimensione del danno, decine di milioni di euro, a carico del Servizio Sanitario, rimane certamente quello di Anna Iannuzzi, al secolo "Lady Asl". In quel caso emerse non solo l'erogazione di rimborsi percepiti indebitamente dalle strutture riconducibili alla donna ed al marito Andrea Cappelli, ma anche un sistema di corruzione che coinvolse funzionari pubblici. Più recentemente il caso dell'ospedale israelitico dove, per attraverso la produzione di false attestazioni sarebbero state gonfiate richieste di rimborso per 7,5 milioni di euro.
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