Quaranta anni fa la prima Pma. Una coppia su 4 'salta' la visita dall'andrologo
Ha compiuto ieri 40 anni 'la bambina miracolo' Louise Brown, la prima nata da una provetta. Da quel 25 luglio 1978, le tecniche si sono sempre più evolute e si punta adesso su embrioni artificiali. Intanto, da allora, sono oltre 8 milioni i bimbi nati grazie alla procreazione medicalmente assistita (Pma) nel mondo e circa 100.000 quelli nati in Italia nell'arco di dieci anni, dal 2010 al 2015. Una crescita dettata da un aumento dell'infertilità in una popolazione che decide sempre più tardi di fare figli. Ma sostenuta anche dalla poca attenzione rivolta all'uomo. Tra le coppie che non riescono a concepire, infatti, appena una su 4 fa una visita dall'andrologo per studiare possibili cause che possano riguardare 'lui'.
La venuta al mondo di Louise, oggi madre a sua volta, fu salutata come un evento oltre ogni immaginazione e a Robert Edwards, padre della fecondazione in vitro, fu conferito il Nobel per la Medicina nel 2010.
Tuttavia, nonostante il continuo miglioramento delle tecniche, la probabilità di riuscita delle procedure di Pma è inferiore al 50%. Questo cammino non facile dal punto di vista psicologico e fisico in molti casi potrebbe essere evitato se, prima di intraprenderlo, si chiedesse la consulenza di un andrologo. Quando un figlio non arriva, infatti, nella metà dei casi la causa dipende proprio dall'uomo. Eppure solo 60mila delle 250.000 coppie con problemi di fertilità 'ricordano' di fare diagnosi e cura di 'Lui', una su 4. "L'infertilità maschile - spiega Alessandro Palmieri, presidente della Società Italiana di Andrologia (SIA) e professore dell'Università Federico II di Napoli - è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è sovrapponibile a quello femminile, tanto che si stimano circa 2 milioni di italiani ipo-fertili". Ma interventi poco complessi e costosi, come la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l'uso di terapie ormonali o di antiossidanti "potrebbero evitare la Pma in almeno 8mila coppie ogni anno o migliorarne gli esiti fino al 50%".
Intanto la ricerca continua a bruciare tappe verso la creazione artificiale dell'embrione. Un passo importante in tal senso è stato fatto da una veterana dell'embriologia, Magdalena Zernicka-Goetz. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Cell Biology ha mostrato come ottenere in provetta la fase dell'embrione che prepara la differenziazione dei diversi tipi di cellule dell'organismo. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è sostituire le staminali di topo con quelle umane equivalenti.
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