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Dall'Espresso 2/ Niente dubbi, sono efficaci di Silvio Garattini

Farmaci Redazione DottNet | 17/04/2009 10:53

Con 'farmaco generico' si intende un prodotto che viene commercializzato quando è scaduto il brevetto del farmaco originale, di marca. Questi due nomi - generico e di marca - rappresentano già una specie di gerarchia nella percezione del reciproco valore di questi farmaci da parte del pubblico. Infatti il prodotto di marca implica già una superiorità qualitativa rispetto al generico, che invece dà impressione di qualcosa che sembra di importanza minore.

 Quando si dice che qualcosa è generico non si ha certo l'impressione di un prodotto che fa parte dell'eccellenza. Se poi il farmaco generico costa meno del farmaco di marca nasce immediatamente la sensazione che il primo sia un sottoprodotto, perché è diffusa l'idea che per quanto riguarda la salute è bene non risparmiare!
Ma la domanda è: 'prodotto equivalente' e 'prodotto di marca' sono differenti?'. La differenza reale è il prezzo perché il farmaco equivalente deve costare almeno il 20 per cento meno del farmaco di marca. Le altre differenze di fatto sono inesistenti dal punto di vista clinico-terapeutico. Infatti il farmaco equivalente deve essere approvato dall'attività regolatoria - in Italia l'Agenzia per il Farmaco, Aifa - come nel caso dei farmaci di marca sulla base di almeno tre requisiti.

La purezza del principio attivo deve essere comparabile e quindi anche le impurezze devono essere conosciute, il che non è difficile perché molto spesso è lo stesso produttore che fornisce la materia prima sia per il generico sia per il prodotto griffato. Se si tratta di una compressa si deve stabilire la velocità di dissoluzione perché è importante che nell'intestino il principio attivo venga liberato - più o meno velocemente a seconda del prodotto - per essere poi assorbito. Infine si deve determinare quale è la concentrazione del principio attivo nel sangue per un determinato periodo di tempo.

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Farmaci equivalenti o di marca devono dare le stesse concentrazioni nei limiti della variabilità individuale. Quindi, se il principio attivo, la velocità di dissoluzione e le concentrazioni ematiche sono equivalenti è logico concludere che anche l'effetto terapeutico dovrà essere comparabile, come d'altra parte dimostrato da numerosi studi che hanno sottoposto pazienti ad un cambiamento di prodotto in sequenza.
Perché allora si riportano pazienti che affermano di avere effetti differenti? Le ragioni sono molte. Ad esempio per soggetti anziani abituati a vedere sempre la stessa confezione e la stessa forma e colore delle compresse può essere importante una forma di suggestione. Molto più importante è invece la propaganda dell'industria farmaceutica che non vede di buon occhio prodotti competitivi che la obbligano ad abbassare i prezzi e per di più a perdere quote di mercato. Anche i farmacisti non possono avere molta simpatia per i prodotti equivalenti, perché, essendo pagati in percentuale, se i prezzi diminuiscono calano anche i loro introiti. I medici sono pure scontenti perché perdono un rapporto con una determinata industria farmaceutica, mentre non possono sapere quale ditta produttrice di farmaci equivalenti usufruisca della loro prescrizione. In questo contesto va anche considerato che in Italia, a causa di una legge degli anni Novanta, sono stati concessi dei prolungamenti alla validità.
 

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