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Cassazione,non è provato il livello di efficacia del metodo Dikul

Medlex Redazione DottNet | 17/04/2019 19:15

Corte accoglie il ricorso della Ausl, costi non sono a carico dell'Ssn

Non vi sono "evidenze scientifiche" che il cosiddetto metodo Dikul, la 'Riabilitazione Intensa e Continuativa' per il recupero dei pazienti con lesioni midollari, offra risultati migliori delle terapie tradizionali: per questo i costi della terapia non possono essere a carico del Sistema sanitario nazionale. La Cassazione ribalta così la decisione dei giudici di merito e dà ragione alla Ausl di Firenze, che era stata condannata da Tribunale e Corte d'appello a erogare gratuitamente la prestazione, che prende il nome dal suo inventore e si basa su un metodo di "rieducazione motoria, continuativa e personalizzata", eseguita in un centro specializzato.

Il paziente era stato il primo a vedersi accolta la richiesta per via giudiziaria. La decisione dei giudici di merito si era basata su una consulenza tecnica d'ufficio, che aveva rilevato che la terapia, pur in mancanza di validazione scientifica, aveva dimostrato "indubbi e obiettivi effetti positivi".

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  L'Azienda sanitaria ha presentato ricorso in Cassazione spiegando che per ottenere che il Servizio sanitario nazionale sostenga i costi di un trattamento sono necessarie evidenze scientifiche di "un significativo beneficio". Il trattamento per persone in condizioni fisiche analoghe prevede esercizi fisici mirati, a domicilio, volti al recupero degli arti inferiori, e per la Ausl non è provato che i benefici del metodo Dikul siano superiori. La Cassazione concorda. "L'erogazione gratuita di prestazioni sanitarie" da parte del Ssn, richiede "evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, validate da parte della comunità scientifica", spiega la Corte, e che contemporaneamente vi sia "il miglior risultato terapeutico con la minore incidenza sulla qualità della vita del paziente" ed "economicità nell'impiego delle risorse, che impone di valutare la presenza di altre forme di assistenza meno costose e volte a soddisfare le medesime esigenze, di efficacia comparabile". La Cassazione spiega che mancano "nella sentenza e nelle risultanze di causa le evidenza scientifiche della maggiore validità" del metodo, visto che il paziente "ha eseguito la terapia Asl solo per un brevissimo periodo (contro gli anni di Ric) e a ridosso dell'incidente". La Corte ha quindi deciso la causa nel merito a favore della Ausl.

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