I medici affetti dalle Mici non sono più suscettibili al Covid
Estendere il vaccino antinfluenzale, rafforzare campagne di comunicazione per le precauzioni da adottare durante il periodo autunnale, far fare ad anziani e pazienti più fragili un 'lockdown preventivo' e, su consiglio medico, ridurre le dosi di cortisone qualora se ne faccia uso. Questi sono i quattro punti suggeriti dagli specialisti gastroenterologi impegnati, in Italia, nella cura delle Mici, le malattie croniche infiammatorie intestinali, per prepararsi a una eventuale seconda ondata della pandemia di Covid-19.
Occorre quindi dotarsi al più presto degli strumenti utili a discriminarli. Occorre quindi consolidare una 'cultura della vaccinazione', e anticipare i tempi di quel vaccino che è solito arrivare per metà ottobre». Per Fernardo Rizzello, del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, Ig-Ibd, «è importante che i pazienti ricontattino i propri centri di afferenza in modo da riprendere il controllo di malattia, perduto nel periodo precedente, e ristabilire i controlli periodici che sono indispensabili per seguire correttamente queste patologie». I pazienti affetti da Mici (come la malattia di Crohn o la colite ulcerosa) non sono più suscettibili all'infezione da Covid, né registrano una forma più severa della malattia. Alcuni dati dimostrano un'incidenza cumulativa di infezione da Sars-Cov-2 nei pazienti affetti da Mici di circa lo 0.25%, percentuale lievemente inferiore a quella 'teorica' registrata a livello nazionale. I tassi di mortalità dei pazienti affetti da Mici e Covid-19 sembrano anch'essi lievemente inferiori (3%) rispetto a quelli della popolazione generale, seppur con variazioni geografiche non trascurabili.
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