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Rischio oncologico nei bambini con sindrome di Beckwith-Wiedemann

Malattie Rare Redazione DottNet | 20/12/2020 21:25

Il tumore di Wilms, primo in frequenza, e l’epatoblastoma costituiscono insieme circa i due terzi dei casi di tumore in questi bambini

La sindrome di Beckwith-Wiedemann (Bws) rappresenta il modello delle sindromi da iperaccrescimento con predisposizione allo sviluppo di tumori embrionali nella prima decade di vita. Il rischio cumulativo si attesta intorno al 7-10% ed è massimo nei primi mesi di vita per decrescere progressivamente nei primi 10 anni fino ad essere, poi, sovrapponibile a quello della popolazione generale. Il tumore di Wilms, primo in frequenza, e l’epatoblastoma costituiscono insieme circa i due terzi dei casi di tumore in questi bambini; si possono tuttavia sviluppare anche altri tipi di neoplasie tra cui carcinomi o adenomi del surrene, neuroblastomi, rabdomiosarcomi, leucemie. I diversi sottogruppi molecolari della Bws si correlano a un diverso grado di rischio di sviluppare una neoplasia, per cui possiamo riconoscere un gradiente tra le alterazioni molecolari più comuni con un rischio più elevato nei bambini con ipermetilazione di IC1, intermedio in UPD11 e basso nella ipometilazione di  IC2 e nelle mutazioni di CDKN1C.

Inoltre, esiste una correlazione tra il sottogruppo molecolare e gli istotipi dei tumori: ad esempio, le ipermetilazioni di IC1 e UPD11 si correlano al tumore di Wilms, nei soggetti con ipometilazione di IC2 la neoplasia più frequente è l’epatoblastoma, mentre nei bambini con CDKN1C uno dei tumori più rappresentati è il neuroblastoma. E’ noto, inoltre, che alcune caratteristiche fenotipiche si associno a un aumentato rischio oncologico e, tra queste, ha l’associazione più forte l’emi-ipertrofia. L’aumentata prevalenza di tumori in questa popolazione giustifica la necessità dello screening oncologico, in particolare per il tumore di Wilms.E’ noto infatti che le diagnosi precoci si correlino con una migliore sopravvivenza e con la possibilità di ricorrere a trattamenti meno intensi.

I diversi programmi di screening esistenti prevedono controlli ecografici periodici durante l’infanzia; non c’è invece univocità sull’utilità del dosaggio periodico dell’alfa-fetoproteina (considerati la relativa bassa frequenza dell’epatoblastoma e le possibili difficoltà di interpretazione di valori che non rientrino nel range di normalità), tuttavia la trascurabile invasività dell’esame e l’esperienza dei sanitari nel valutare il significato di eventuali alterazioni possono comunque motivarne l’impiego. Inoltre diversi autori sostengono l’utilità di basare i piani di screening sullo specifico rischio oncologico legato ai diversi sottogruppi molecolari, all’età e alle caratteristiche fenotipiche del singolo individuo. Il trattamento oncologico di questi bambini richiede di tenere in considerazione le varie peculiarità determinate dalla sindrome.

In particolare per il tumore di Wilms, il protocollo di cura attualmente in uso (Umbrella Protocol SIOP-RTSG 2016) prevede l’impiego della chemioterapia neoadiuvante con il fine di tentare interventi chirurgici più conservativi. Tale razionale assume ancora più importanza nei soggetti con sindrome di Beckwith-Wiedemann che per diverse condizioni (rischio di recidiva, aumentata frequenza di presentazioni bilaterali o metacrone, patologie renali non oncologiche) sono più a rischio, rispetto alla popolazione generale, di avere una quota ridotta di tessuto renale funzionante.

Giovanna Gattuso,

pediatra oncologa presso la Divisione di Pediatria oncologica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano  

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