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Caos vaccini: 400mila dosi agli amministrativi Ssn. E i medici restano senza

Infettivologia Redazione DottNet | 24/01/2021 19:42

Anelli lancia l'allarme: "Inaccettabile vaccinare per primo chi non è sul fronte mentre 300 medici sono morti". I dati: il calo dell'Rt è positivo ma incidenza resta alta con 488 vittime

Preziose dosi di vaccino anti-Covid, quasi 400mila, somministrate anche a chi non fa parte di categorie a maggior rischio di contagio e non è in prima linea nella lotta al virus, come il personale amministrativo degli ospedali, mentre molti medici ed odontoiatri sono stati al momento esclusi dall'immunizzazione. Nel giorno in cui i decessi tra i camici bianchi a causa del nuovo coronavirus sforano quota 300, il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, lancia un allarme sofferto: "Inaccettabile vaccinare per primo chi non è sul fronte".   Trecento medici deceduti per Covid, di cui 120 nella seconda ondata da ottobre, "mentre esercitavano la loro professione - afferma Anelli - è una vera e propria strage, un prezzo altissimo che la professione medica e odontoiatrica ha pagato per garantire la salute di tutti".

Da qui un appello a Governo e Regioni: "Non vogliamo più essere chiamati eroi, pretendiamo fatti concreti per tutelare la nostra salute: il vaccino, per tutti i medici senza distinzione, è il miglior dispositivo di sicurezza". Eppure, è l'allarme del presidente Fnomceo, "ad oggi sono solamente 790.251 le dosi di vaccino somministrate agli operatori sanitari, su un totale di 1.312.275. Ben 397.583 dosi sono state invece iniettate a personale non sanitario e non appartenente alle altre aree a rischio come ad esempio quelle degli ospiti delle Rsa e degli over 80. È inaccettabile vedere persone che non svolgono un'attività così rischiosa essere sottoposte al vaccino e osservare una larga parte della professione medica non ancora vaccinata". Le 400mila dosi, presumibilmente, spiega Anelli all'ANSA, "sono andate, come era stato previsto, a personale non sanitario che lavora negli ospedali, ad esempio il personale amministrativo".

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Nel dettaglio la percentuale di vaccinazioni per il personale non sanitario sul numero totale al 16 gennaio, su una media del 21,3% su scala nazionale, presenta il 14% nel Veneto con una forbice che si allarga dal 5,2 della Puglia al 72,9 del Piemonte, dato quest’ultimo che gli stessi Ordini sospettano riconducibile a un possibile refuso. Tuttavia, dalle 19.33 dello stesso giorno non è più stato possibile avere i dati aggiornati per singolo territorio, ovvero suddiviso tra operatori sanitari e sociosanitari, personale non sanitario e ospiti delle strutture residenziali, cui nel frattempo si è aggiunto il dato degli over 80. Resta solo il dato nazionale.

Queste, rileva, "non sono categorie a rischio e avrebbero dovuto essere in coda rispetto agli operatori sanitari, inclusi odontoiatri e medici liberi professionisti non inclusi invece nella prima fase della campagna di vaccinazione". Il punto, chiarisce, è che "non è possibile fare distinzioni tra operatori sanitari: vanno tutelati tutti i medici, non solo quelli che operano nel Servizio sanitario nazionale, perchè tutti i medici sono sempre in prima linea per la tutela della salute dei cittadini". Quanto alla possibilità che vi siano stati anche soggetti non aventi diritto e non previsti che hanno invece avuto accesso alle vaccinazioni, "ci sono delle indagini in corso - ha detto Anelli - ma mi auguro che siano una percentuale trascurabile, altrimenti sarebbe davvero immorale". Poi, una proposta per l'immediato: "Si utilizzino le settimane prima del previsto arrivo delle dosi del vaccino AstraZeneca, finalizzate a dare avvio alla vaccinazione più ampia della popolazione, per vaccinare tutti i medici".

Un allarme, quello di Anelli, accolto dall'ex ministro della Salute Giulia Grillo: "È necessario fare chiarezza ed attivare controlli immediatamente. Come affermato dal presidente Fnomceo, abbiamo personale sanitario come medici di Inps e Inail, infermieri, personale e ospiti di Rsa e altri professionisti del settore sanitario che ancora devono ricevere il vaccino. Non possiamo permetterci - avverte - di dimenticare questi professionisti molto esposti al rischio di contrarre il coronavirus, né tantomeno gli anziani".

Gli ultimi dati

Non si può parlare di segnali decisivi di un'inversione di tendenza della curva epidemica da Covid-19 in Italia, ma la decrescita dell'indice di trasmissibilità Rt - sceso a 0,97 dopo 5 settimane in aumento - rappresenta un elemento positivo che può aprire la strada ad un trend di miglioramento. Questo, anche se l'incidenza dei nuovi casi resta alta e la curva resta sostanzialmente stabile per numero di casi e decessi: sono rispettivamente 13.331 e 488 quelli segnalati dal bollettino quotidiano del ministero della Salute, rispetto ai 13.633 e 472 di venerdì. Il numero complessivo delle vittime sale così ad oltre 85mila: 85.162.   In base ai dati del ministero della Salute, gli attualmente positivi in Italia scendono per la prima volta da settimane sotto i 500mila: 498.834, con un calo di 3.219 rispetto a ieri.

Dall'inizio dell'epidemia sono invece 1.871.189 i pazienti dimessi o guariti, con un incremento nelle ultime 24 ore di 16.062. È in leggero calo anche il tasso di positività: sono 286.331 i test per il coronavirus (molecolari e antigenici) effettuati nelle ultime 24 ore contro i 264.728 di ieri, ed il tasso di positivi sul totale dei test effettuati scende di mezzo punto al 4,6% (ieri era al 5,1%). In decrescita pure i ricoveri: sono 2.386 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, in calo di 4 nel saldo tra entrate e uscite rispetto a ieri, mentre nei reparti ordinari sono ricoverati 21.403 pazienti con una diminuzione di 288 unità rispetto a venerdì.  Non va però dimenticato che, secondo l'ultimo monitoraggio della cabina di regia, sono 12 le Regioni/PPAA che hanno ancora un tasso di occupazione in terapia intensiva e/o aree mediche sopra la soglia critica del 30%.

A livello territoriale, sono sette le regioni che hanno più di mille nuovi casi di Covid registrati nelle ultime 24 ore ed è ancora la Lombardia a far segnare l'incremento più alto, con 1.535 casi. Seguono Emilia Romagna (1.310), Lazio (1.297), Sicilia (1.158), Campania (1.150), Veneto (1.030) e Puglia (1.023).  Insomma, la lettura dei dati di questa che gli esperti definiscono una "fase delicata" può apparire contraddittoria, ma in realtà non è così, come ha chiarito il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza durante la conferenza stampa per illustrare il monitoraggio settimanale organizzata dal dicastero. "Vediamo sempre un pò di discrepanza tra Rt e incidenza: Rt - ha affermato Rezza - ci dice il trend che vedremo in futuro, ma l'incidenza può anche essere alta benchè l'Rt sia leggermente calato. Ciò cosa vuol dire, che le cose vanno bene o male? La risposta è che vanno male per numero di casi ma vanno bene perchè avremo meno casi in futuro". I dati cioè, sottolinea l'epidemiologo, "non sono discordanti, ma bisogna saperli interpretare".

Questa settimana, ha aggiunto, "alcune Regioni hanno rischio basso, altre moderato, ma ci sono ancora Regioni a rischio elevato; quindi, la valutazione complessiva ci dice che dobbiamo porre attenzione alla situazione". Il messaggio generale, ha spiegato ancora, è che "c'è una lieve diminuzione dell'incidenza nel Paese che è però ancora lontana dal consentire di riprendere a tracciare i casi, infatti è pari negli ultimi 14 giorni a 339,24 per 100.000 abitanti; pertanto l'epidemia è fuori controllo, perchè non si riesce appunto ancora a ripristinare e fare il tracciamento dei casi".  Complessivamente, ad ogni modo, in Italia "vi è una situazione epidemica significativamente migliore rispetto ad altri Paese e ciò - ha concluso il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli - grazie alle misure prese ed ai cittadini che vi hanno aderito. Anche la pressione sulle terapie intensive diminuisce e questo è rassicurante".

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