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Tumore alla prostata, gli andrologi: Solo 1 su 10 ottiene protesi dopo il cancro

Andrologia Redazione DottNet | 12/10/2021 15:18

La maggior parte dei candidati non ha accesso alle cure perché escluse dai livelli essenziali di assistenza (LEA)

Sono 12.000 ogni anno gli italiani colpiti da tumore della prostata sottoposti a rimozione radicale dell’organo e di questi almeno la metà va incontro a difficoltà di erezioni gravi e avrebbe indicazione all’impianto di protesi peniene per risolverle. Ma la maggior parte dei candidati non ha accesso alle cure perché essendo escluse dai livelli essenziali di assistenza (LEA) le Regioni non sono tenute a erogarle, così per motivi economici sono pochissimi gli impianti a disposizione, in pochi centri pubblici, distribuiti in modo disomogeneo sul territorio. Gli esperti della Società Italiana di Andrologia lanciano perciò un appello alle istituzioni, perché l’intervento di protesi peniena venga inserito quanto prima nei LEA per garantire a tutti i pazienti oncologici candidati all’impianto un accesso equo e omogeneo alle cure.

«Solo il 10% degli italiani che hanno bisogno di una protesi peniena riesce a farsi operare in una struttura pubblica, con liste di attesa che possono superare i 2 anni.

Il restante 90% per tornare a una normale attività sessuale deve affidarsi al privato non convenzionato» – commenta Alessandro Palmieri (nella foto), presidente SIA e professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli. Aggiunge Omid Sedigh, neodirettore della Struttura Complessa di Urologia e Andrologia Ricostruttiva dell’ospedale Gradenigo Humanitas: «La recente revisione dei LEA non menziona infatti alcuna rimborsabilità per le protesi dopo una chirurgia radicale pelvica per un tumore prostatico. Le Regioni così non sono tenute ad erogarle e sono pochissimi gli impianti a disposizione nei pochi centri pubblici che offrono l’intervento».

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Si viene quindi a realizzare un quadro nazionale a “macchia di leopardo” che vede il 75% delle prestazioni erogate tra Nord e Centro, con grande variabilità nel numero di impianti, oscillando da 2 a oltre 60 da regione a regione. «Le protesi sono indicate per i pazienti che a seguito di un intervento di rimozione di un tumore prostatico hanno una disfunzione erettile grave che non risponde alle terapie mediche – conclude Palmieri – Una malattia cronica e severa che può peggiorare altre malattie di cui è sintomo come il diabete e l’ipertensione, con la comparsa della depressione legata alla distorsione dell’immagine di sè che diventa un vero handicap che può mettere a rischio la vita stessa oltre alla qualità di vita del paziente».

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