La pandemia ha portato l’attenzione dell’opinione pubblica, degli operatori sanitari e dei decisori sulle infezioni respiratorie e sul loro trattamento.
Le infezioni respiratorie rappresentano un variegato gruppo di quadri clinici (rinosinusiti, faringiti, laringiti, bronchiti, polmoniti) caratterizzati da sintomatologia a carico delle alte o basse vie dell’apparato respiratorio e causati da differenti agenti eziologici (soprattutto virus e batteri) (1). Tali infezioni sono una delle principali cause di morbosità e mortalità in tutto il mondo (2). Infatti, queste patologie sono ubiquitarie, colpiscono individui di tutte le età e di entrambi i sessi. L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha stimato che la mortalità mondiale per infezioni respiratorie sia stata di circa 3 milioni di individui nel 2019 (3). Molteplici fattori concorrono nel favorire l'elevata frequenza delle infezioni respiratorie: la numerosità degli agenti eziologici, la loro diffusione, la breve durata dell’immunità conseguente alla patologia. La scarsa immunogenicità della maggior parte dei patogeni coinvolti nelle infezioni respiratorie o le loro caratteristiche mutazionali determinano infatti una breve durata dell’immunità acquisita, ed è per questo motivo che nel corso della vita sono possibili reinfezioni da parte dello stesso agente eziologico. A fronte di quanto sopra descritto, rappresentando i batteri un agente eziologico primario o susseguente/concomitante ad un’infezione virale, la ricerca farmacologica si è orientata allo sviluppo di antibiotici efficaci, ad ampio spettro, sicuri, con schemi terapeutici semplificati. I macrolidi rappresentano da circa 70 anni uno strumento terapeutico importante. L’Eritromicina, isolata nel 1952 dal batterio Streptomyces erythraeus, sebbene avesse un’eccellente attività antibatterica, presentava scarsa biodisponibilità, bassa stabilità a pH acido e farmacocinetica poco predittibile. Ciò ha indotto a sviluppare una seconda generazione di macrolidi: l’azitromicina è dunque un derivato semisintetico dell’eritromicina (4) dotata di maggiore biodisponibilità (35-42%) (5) ed emivita plasmatica tale da garantire la monosomministrazione per os (4). Inoltre l’azitromicina presenta un’aumentata capacità di penetrazione nei tessuti (MIC 90 dopo singola dose orale di 500 mg) (5) grazie alla sua alta lipofilia, risultando più efficace nel trattamento delle infezioni da patogeni intracellulari come l’Haemophilus Influenzae. Il suo spettro d’azione è ampio, risultando attiva sia su gram positivi (Es. Staphilococcus, Streptococcus pneumoniae, Diplococcus), che gram negativi (es. Bordetella pertussis, Legionella) e batteri intracellulari (es. Mycoplasmas) (4,5).
In merito alla sicurezza d’impiego è opportuno ricordare che azitromicina non si lega al citocromo P450 3A4 ed è inserita dall’FDA tra i farmaci di categoria B1 in gravidanza (5). L'OMS ha inserito l’azitromicina tra i farmaci più sicuri (6) ma è bene ricordare che non è indicata in pazienti con intervallo QT prolungato o in associazione a farmaci che lo prolunghino. A riprova della sua efficacia e sicurezza basti pensare che nel solo 2017 è stata prescritta negli US 12 milioni di volte (7). In considerazione dell’elevato numero di studi condotti sull’utilizzo di azitromicina nelle infezioni respiratorie, sono attualmente disponibili numerose metanalisi sul tema, anche focalizzate su specifiche popolazioni. Ad esempio, l’analisi di Laopaiboon su 15 trials, che hanno coinvolto 2496 pazienti, non ha evidenziato differenze significative nel fallimento terapeutico di infezioni del tratto respiratorio tra azitromicina e amoxicillina o amoxicillina/clavulanato, mentre l’azitromicina sembra più efficace nel trattamento delle bronchiti acute (8). Anche l’utilizzo a lungo termine di azitromicina nel paziente con bronchiectasie non correlate a fibrosi cistica si è dimostrato efficace nel ridurre la frequenza delle riacutizzazioni e nel migliorare la qualità della vita (9). Allo stesso modo, dati significativi arrivano dall’utilizzo per 6 mesi di azitromicina nei pazienti con fibrosi cistica (10).
È indubbio che l’azitromicina rappresenti un prezioso strumento terapeutico per il trattamento della patologia infettiva delle vie aree superiori ed inferiori. In quanto tale il suo utilizzo deve essere basato sull’appropriatezza prescrittiva al fine di evitare fallimenti terapeutici, effetti avversi, insorgenza di resistenze batteriche. Dopo 42 anni dalla sua sintesi, gli studi sul suo utilizzo in acuto ed in cronico ne fanno una protagonista per il presente e per il futuro.
A cura di
Prof. Fulvio Braido
Università degli Studi di Genova
Responsabile UOSD di Pneumologia per la continuità assistenziale ospedale territorio
Ospedale Policlinico IRCCS San Martino – Genova.
Cod. TRO-2022-015
Bibliografia
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