Cinieri: "Al Nord il 45% dei cittadini esegue il test del sangue occulto, al Centro il 31%, al Sud soltanto il 10%. Inoltre, solo 5 Regioni superano il target del 50% di adesione: Veneto (quasi al 70%), Trentino, Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Friul
Cinieri: "Al Nord il 45% dei cittadini esegue il test del sangue occulto, al Centro il 31%, al Sud soltanto il 10%. Inoltre, solo 5 Regioni superano il target del 50% di adesione: Veneto (quasi al 70%), Trentino, Valle d'Aosta, Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia"
In Italia il tumore del colon-retto è il secondo più frequente dopo quello della mammella, con 48.100 casi nel 2022, ovvero +4.400 in 2 anni. Una vera "epidemia", eppure 7 persone su 10 non aderiscono allo screening e non eseguono il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci, che il sistema sanitario offre gratuitamente ogni due anni a tutti i 50-69enni. Per questo l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) lancia un grande progetto di sensibilizzazione per migliorare l'adesione al test, che partirà nelle prossime settimane. Saranno realizzati spot, opuscoli, una campagna social ed è previsto il coinvolgimento delle farmacie. L'annuncio viene dal Convegno Aiom sulle neoplasie gastrointestinali, al via a Padova. È dimostrato che il test per la ricerca del sangue occulto è in grado di ridurre la mortalità di circa il 30%. Non solo. Proprio questa neoplasia, in epoca prepandemica, è stata l'esempio dell'efficacia dei programmi di prevenzione: nel 2020, i tassi di incidenza erano in diminuzione del 20% rispetto al picco del 2013. Ma lo stop agli screening durante la pandemia ha vanificato i risultati ottenuti.
Oggi, afferma il presidente Aiom Saverio Cinieri (nella foto), "assistiamo ad un'epidemia di nuove diagnosi.
Nel 2022, in Italia, sono state stimate 48.100 nuove diagnosi di tumore del colon-retto (erano 43.702 nel 2020). L’impatto della pandemia e dei ritardi negli screening accumulati durante l’emergenza sanitaria è evidente dall’incremento dei nuovi casi che in due anni sono stati 4.398 tanto che oggi gli oncologi parlano di una vera e propria epidemia di neoplasie colorettali. “Il tumore del colon-retto in Italia è il secondo più frequente dopo quello della mammella – afferma Saverio Cinieri, presidente nazionale Aiom. La sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 65%. Lo screening colorettale è in grado di individuare, oltre alla presenza della neoplasia ogni 850 persone asintomatiche, anche adenomi, cioè polipi, potenzialmente in grado di trasformarsi in cancro ogni 150 individui analizzati. La loro rimozione prima dello sviluppo della neoplasia permette di ridurre i nuovi casi”.
Come per ogni malattia, anche in questo caso la prevenzione passa attraverso corretti stili di vita. “Tra i fattori di rischio - Sara Lonardi, direttore FF dell’Oncologia 3 all’Istituto Oncologico Veneto Irccs di Padova Lonardi - rientrano gli stili di vita scorretti, in particolare sedentarietà, fumo di sigaretta, sovrappeso, obesità, consumo eccessivo di farine e zuccheri raffinati, carni rosse, alcol ed insaccati e ridotta assunzione di fibre vegetali”. Gli stili di vita sani devono essere rispettati anche dopo la diagnosi, sia per prevenire l’insorgenza di recidive che per migliorare l’efficacia dei trattamenti. A rendere difficoltosa la diagnosi precoce è anche il fatto che i segni della malattia non sono specifici e includono modifiche delle abitudini intestinali, fastidio addominale, perdita di peso e stanchezza persistente. “Quando la patologia è più avanzata - spiega Lonardi - si possono manifestare perdite di sangue durante l’evacuazione, dolori addominali, nausea o vomito. Il 20% dei casi, purtroppo, è scoperto tardi, quando sono già sviluppate metastasi, ma la prognosi di questi pazienti è migliorata sensibilmente negli ultimi anni. Questi passi avanti sono legati da una parte alle nuove conoscenze biologiche, dall’altra all’individuazione di particolari bersagli molecolari che costituiscono il target di terapie innovative”.
Il tumore del colon-retto insorge, in oltre il 90% dei casi, a partire da lesioni precancerose che subiscono una trasformazione neoplastica maligna. Per questo lo screening è così efficace: “Ci permette di rimuovere i polipi prima che diventino neoplastici, costituendo quindi una vera e propria prevenzione primaria”, spiega Lonardi. “Inoltre, se individuiamo la neoplasia durante le prime fasi, possiamo intervenire tempestivamente e raggiungere i migliori risultati in termini di guarigione”.Purtroppo, la maggior parte dei pazienti con tumore del colon-retto metastatico non è eleggibile ad un intervento chirurgico potenzialmente curativo e poiché questa neoplasia è molto eterogenea dal punto di vista genetico-molecolare, al momento di iniziare il trattamento, deve essere effettuata la valutazione dello stato mutazionale dei geni indicati con l’acronimo RAS (KRAS e NRAS), di BRAF e di quelli coinvolti nelle funzioni di riparazione del DNA ‘mismatch repair’ ed elevata instabilità dei microsatelliti. “Questi geni funzionano come ‘interruttori’ che attivano i meccanismi di crescita e replicazione delle cellule tumorali e possono essere nello stato normale o mutato”, sottolinea Filippo Pietrantonio dell’Oncologia Medica Gastroenterologica alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano e membro del Direttivo Nazionale AIOM.
Lo stato normale di KRAS e NRAS, che rappresenta circa il 40-45% del totale dei casi di carcinoma del colon-retto metastatico, indica che il paziente ha maggiori probabilità di rispondere alla terapia a base di anticorpi monoclonali anti-EGFR. “La mutazione di BRAF - continua Pietrantonio - è individuata in circa il 10% dei casi ed è associata a una prognosi peggiore, perché il tumore è più aggressivo e per una maggiore resistenza alle terapie. La mutazione V600E è la più frequente tra quelle di BRAF e il rischio di mortalità in questi pazienti è più che raddoppiato rispetto a quelli ‘non mutati’. In questi casi, la disponibilità di una terapia mirata permette miglioramenti della sopravvivenza globale, della risposta obiettiva e della sopravvivenza libera da progressione”.
Circa il 5% dei pazienti con tumore del colon-retto metastatico mostra elevata instabilità dei microsatelliti, da cui deriva un alto numero di mutazioni. “Questa caratteristica - spiega Sara Lonardi - sembrava ridurre la probabilità di trarre beneficio dalla chemioterapia tradizionale, ma ora si trasforma in un certo senso in un vantaggio, perché permette di selezionare un sottogruppo di pazienti molto responsivi all’immunoterapia”. I progressi nelle terapie si traducono nelle cifre: oggi in Italia 513.500 persone vivono dopo la diagnosi. “L’oncologia di precisione richiede che siano individuate le caratteristiche molecolari della neoplasia, cioè i geni che ci aiutano a stabilire la cura più efficace – conclude il Presidente Cinieri -. Vi sono alterazioni geniche che, se presenti, possono fornire al clinico informazioni molto importanti sull’aggressività biologica del tumore e sulla possibilità di rispondere o meno alle terapie. In questo modo, possiamo individuare la migliore strategia per il singolo paziente, con risparmi per il sistema sanitario”.
Resta il fatto che intervenire il prima possibile è la strategia migliore ed è quindi necessario tornare a fare prevenzione. Tra l’altro, proprio questa neoplasia, in epoca prepandemica, è stata l’esempio dell’efficacia dei programmi di prevenzione secondaria: nel nostro Paese, nel 2020, i tassi di incidenza erano in diminuzione del 20% rispetto al picco del 2013. Ma lo stop agli screening durante il picco pandemico e i successivi ritardi nella ripresa dei programmi hanno vanificato gli ottimi risultati ottenuti. Attualmente sette cittadini su 10 non eseguono il test per la ricerca del sangue occulto, che il sistema sanitario offre gratuitamente ogni due anni a tutti i 50-69enni. “Stiamo assistendo a un lento riavvio dei programmi di screening, ma non è sufficiente”, prosegue Cinieri. “Servono iniziative concrete per frenare l’incremento delle diagnosi”.
Come spesso accade quando si tratta di sanità, le differenze territoriali sono tante anche in questo caso: al Nord l’adesione agli screening raggiunge il 45%, al Centro il 31% e al Sud solo il 10%. Solo cinque Regioni superano il target del 50% di adesione: il Veneto è la più virtuosa (quasi il 70%), seguono il Trentino, la Valle d’Aosta, l’Emilia-Romagna e il Friuli-Venezia Giulia. In Veneto, nel 2022, sono stati diagnosticati 3.601 nuovi casi (1.970 uomini, 1.631 donne). “Inoltre – aggiunge il presidente Aiom - è importante che il test sia esteso anche agli over 70. Così potremo salvare più vite”.
Per sensibilizzare i cittadini Aiom sta per lanciare un progetto con la realizzazione di spot, opuscoli, una forte campagna social ed è previsto il coinvolgimento attivo delle farmacie. “Il progetto della nostra società scientifica – chiarisce Cinieri - è in linea con gli obiettivi del Piano Oncologico Nazionale recentemente approvato, che mira ad aumentare l’adesione ai programmi di screening, soprattutto a quello del tumore del colon-retto, e ad allargare la fascia d’età dei cittadini da invitare dai 50 ai 74 anni”.
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