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Case di comunità, è corsa contro il tempo: i fondi dall'edilizia. La situazione in Italia

Medicina Generale Redazione DottNet | 07/06/2023 18:19

Il nodo di tutta la partita resta però quello del personale: ancora non è chiaro come saranno pagato i medici

Per evitare il rischio di non fare in tempo ad aprire le nuove case e ospedali comunità circa 400 strutture verranno finanziate con i fondi ordinari dell’edilizia. E’ quanto si legge sulle pagine del Sole 24 Ore che spiega come per edificare il 20% delle nuove strutture previste dal Piano di Ripresa e Resilienza che dovranno dare corpo alla Sanità sul territorio, ossia quella più vicina ai cittadini e di cui si è sentito la mancanza durante tutto il periodo della pandemia, si ricorrerà ai fondi ordinari dell’edilizia.

Queste risorse sono stanziate ogni anno solitamente nella leggi di bilancio e solitamente destinate alla costruzione di nuovi ospedali ma, come spesso succede in Italia, sono risorse che a causa di mille cavilli, vengono spese a rilento. Attualmente ci sarebbero circa 10 miliardi ancora da spendere per le Regioni.

Proprio per sbloccare la missione 6 del Pnrr, ossia la missione dedicata alla “Salute” che stanzia oltre 15 miliardi di cui circa la metà per il territorio e tre miliardi per la costruzione di circa 1350 Case di comunità (una specie di maxi ambulatorio per le prime cure e diagnosi per arginare il sovraffollamento degli ospedali) e 400 ospedali di comunità (strutture di per il ricovero di pazienti cronici che non hanno bisogno di cure ad alta intensità), i ministri Fitto e Schillaci stanno lavorando su un piano per far uscire dal perimetro del Pnrr soprattutto le nuove strutture che devono essere ancora costruite ex novo e non di quelle frutto di ristrutturazioni di vecchi edifici di cui Regioni ed Enti Locali hanno ampia disponibilità. Il nodo di tutta la partita resta però quello del personale. Il Pnrr teoricamente non prevede la possibilità di spendere risorse per le spese correnti come quelle per il personale sanitario. Sul punto però già nell’attuale Piano l’eccezione è sull’Adi dove sono stati stanziati 2,7 mld per il suo potenziamento, fondi che in gran parte saranno usati per pagare il personale che assisterà a domicilio i pazienti. Sull'argomento nei giorni scorsi è intervenuto anche il segretario dello Smi Pina Onotri:  “Per quello che riguarda i medici e i sanitari, infatti – argomenta Onostri -, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) non contiene nessun accenno, rispetto alla necessità di aumentare le dotazioni organiche, né tanto meno d’investire sul personale medico e può rivelarsi, così, una grande operazione di edilizia sanitaria. Si potrebbe correre il rischio di non avere i medici a sufficienza per affrontare le centinaia di migliaia di prestazioni sanitarie negate e rinviate a causa del Covid- 19”.

Per poter condurre tale piano serve comunque il confronto e l’assenso delle Regioni prima di poter presentare la revisione dei progetti anche all’Europa che aspetta il nuovo Pnrr rimodulato entro il 30 giugno. L’obiettivo è quello di salvare i progetti senza perdere i soldi del Pnrr a causa dei possibili ritardi già annunciati dalla Corte dei conti sui bandi.

Solo in Emilia-Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana risultano delle strutture attualmente operanti previste nei Por. E solo in Lombardia, Piemonte e Umbria sono state aperte alcune extra Por. Un primo allarme era già arrivato nelle scorse settimane dalla Corte dei Conti. E si evidenziavano i ritardi nella progettazione e nell’apertura dei cantieri per le nuove strutture che dovrebbero servire ad allentare la pressione sugli ospedali, distribuendo meglio la medicina territoriale.

Dai numeri di Agenas, è funzionante meno di una casa di comunità su dieci delle 1.400 previste per le prime cure, la prevenzione e la diagnosi. Si tratta di 122 strutture contro 1308 non attive, nemmeno il 10% di quelle finanziate principalmente con i fondi del Pnrr. Per quanto riguarda gli ospedali di comunità, dei 403 previsti ne sono stati attivati solo 31, pari al 7,1% del totale. Infine le centrali operative attive, che dovrebbero rappresentare una cabina di regia per l’assistenza extra ospedaliera, al momento sono solo 14 su 610. Il rischio è quello di non rispettare i parametri europei che prevedono la piena attivazione entro la metà del 2026.

Rispetto alle risorse stanziate per l’edilizia sanitaria, le principali criticità secondo Agenas “si riscontrano nella complessità e nella durata della procedura che non consentono un agevole e tempestivo impiego delle risorse pubbliche rese disponibili, le quali rimangono per lungo tempo immobilizzate con evidenti riflessi negativi sulla gestione finanziaria e contabile della Regione e dell’intero sistema sanitario regionale.”

La lunghezza dell’iter, si legge in una nota, determina spesso un parziale superamento della programmazione che non risulta sempre coerente con la normativa che nel frattempo interviene. Inoltre, l’aumento dei costi degli interventi e l’emergere di nuovi fabbisogni potrebbero richiedere variazioni degli interventi stessi e quindi la conseguente necessità di procedere a rimodulazioni dell’accordo.

“Le case e gli ospedali di comunità hanno bisogno non soltanto di una struttura”, ha dichiarato in merito il Presidente delle Regioni e governatore del Friuli Massimiliano Fedriga. “È necessario riempire queste strutture con personale in grado di dare risposte alle domande del territorio, mentre esiste un serio problema di risorse che mancano per le assunzioni oltre alla carenza di personale che non si riesce a trovare.”

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