Aumentano le aggressioni (+5,5%), ogni Asl ha subito 116 casi di violenza. Simeu: il 98% degli operatori dei servizi di emergenza è coinvolto. Proposte da Omceo Firenze e Modena, Amsi e Fnovi
Sono oltre 18mila, nel 2024, le segnalazioni complessive di aggressioni a operatori sanitari sull’intero territorio nazionale per un totale di circa 22mila operatori coinvolti nelle aggressioni segnalate (ogni aggressione può coinvolgere più di un operatore). È quanto emerge dal monitoraggio effettuato dall’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (ONSEPS), istituito presso il Ministero della Salute, che ha specifici compiti di monitoraggio, studio e promozione di iniziative volte a garantire la sicurezza dei professionisti sanitari.
"Non dobbiamo abbassare la guardia – ha dichiarato il Ministro della Salute Orazio Schillaci in occasione della Giornata nazionale contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari - .
I dati raccolti per il tramite dei Centri Regionali per la Gestione del Rischio Sanitario, relativi alle segnalazioni volontarie dei professionisti operanti in strutture pubbliche e private accreditate, confermano, che per il 2023, a segnalare i 2/3 delle aggressioni sono state professioniste donne (oltre il 60%), i professionisti maggiormente coinvolti sono infermieri, medici e OSS e che i setting più rischiosi sono l’ospedale, il pronto soccorso e l’ambulatorio. Nel 70% dei casi le aggressioni sono di tipo verbale e il 67% degli aggressori sono utenti/pazienti. È opportuno ricordare che a un maggior numero di segnalazioni non corrisponde necessariamente una più alta incidenza di aggressioni in un determinato contesto territoriale, ma una specifica attenzione al monitoraggio del fenomeno. L’aumento delle segnalazioni rispetto allo scorso anno (+15%), infatti, rispecchia una maggiore consapevolezza dell’importanza della denuncia e una migliore efficacia dei sistemi di segnalazione che hanno, probabilmente, portato più professionisti a denunciare episodi che in passato non avrebbero segnalato.
Come ogni anno, l’Osservatorio ha acquisito anche i dati Inail sugli infortuni riconosciuti e indennizzati a seguito delle aggressioni nel triennio 2021-2022-2023, le rilevazioni degli Ordini professionali tramite survey dedicate agli iscritti e, per la prima volta, anche i dati della Croce Rossa Italiana relativi ai propri volontari e del Ministero dell’Interno sull’andamento della delittuosità e sulla conseguente azione di contrasto ai reati di aggressione al personale sanitario e socio-sanitario.
Nel corso del 2023, poi, è stato messo a punto dall’Osservatorio un documento sui requisiti minimi dei corsi di formazione per la prevenzione e gestione delle aggressioni e nel 2024 sono state sviluppate azioni di diffusione del documento con l’obiettivo di promuovere percorsi formativi omogenei su tutto il territorio nazionale, aventi ad oggetto, principalmente, le tecniche di gestione dei conflitti nelle ipotesi di aggressione e la sicurezza sul posto di lavoro, nonché iniziative coordinate di informazione e comunicazione sul tema rivolte a tutta la popolazione.
A questo proposito, è stato firmato il Protocollo d’intesa, tra il Ministero della salute, la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) e Federsanità, per garantire la massima divulgazione, tra le aziende e gli enti sanitari e sociosanitari, dei percorsi formativi omogenei rivolti a tutto il personale sanitario e socio sanitario o comunque operante nel settore salute, che potranno essere attivati sull’intero territorio nazionale, nonché delle iniziative di informazione e comunicazione, volte a sensibilizzare i cittadini e gli utenti riguardo all’importanza e al rispetto del lavoro svolto dal personale sanitario e socio sanitario. Tutte le attività dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie sono riportate all’interno della relazione annuale che viene trasmessa al Parlamento dal Ministro della Salute.
Nell'ultimo anno, le aziende sanitarie italiane hanno registrato un incremento del 5,5% degli episodi di aggressione ai danni del personale, consolidando una tendenza già osservata negli ultimi anni. In media, ogni azienda ha subito 116 episodi di violenza in un solo anno. In occasione della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere ha presentato a Pisa i risultati di una survey: emerge il senso di diffusa delegittimazione del Servizio sanitario nazionale percepito in modo unanime dalle aziende sanitarie italiane. Per otto Asl su dieci, alla base della violenza verbale e fisica ci sono soprattutto l'eccesso di pressione su pronto soccorso e ospedali, insieme alla perdita di fiducia nel Ssn e le notizie su media e social network concentrate prevalentemente sulla malasanità. Un clima di sfiducia e tensione che, secondo Fiaso, rende ancora più urgente incrementare le politiche di prevenzione e protezione a tutela degli operatori. Eppure, nonostante questo scenario preoccupante, le aziende sanitarie hanno reagito. Tutte le Asl hanno infatti attivato programmi di sensibilizzazione e formazione per il personale. Tra le iniziative più efficaci si segnalano i programmi di comunicazione con l'utenza e il rafforzamento del coordinamento con le forze dell'ordine, che hanno dimostrato un impatto positivo nella gestione delle situazioni critiche. Potenziati anche i sistemi di tutela a partire dall'assistenza legale - fornita da sei aziende su dieci - e dagli interventi di tipo organizzativo quali il cambio di reparto, l'installazione dei pulsanti di sicurezza e blocco delle porte, ma anche i percorsi di riabilitazione psicologica.
Il 98% degli operatori sanitari nell'ambito dei servizi di emergenza ha, dunque, subito una qualche forma di aggressione durante il lavoro, e per un'analoga percentuale di operatori la violenza contro medici e altri operatori 'uccide' le cure, danneggia i cittadini, causa un peggioramento delle cure, riduce empatia e capacità di ascolto a discapito dei pazienti. E' quanto emerge da un'indagine presentata a Pisa nel corso di un incontro, dedicato a Barbara Capovani, la psichiatra aggredita ed uccisa all'uscita dal lavoro nell'aprile 23, organizzato da SIMEU - Società Italiana di Medicina d'Emergenza Urgenza, congiuntamente a FIASO in collaborazione con AOUP, dal titolo "Curiamo la fiducia tra cittadini e SSN", in occasione della Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione Contro la Violenza sugli Operatori Sanitari e Socio-Sanitari. La SIMEU ha condotto un sondaggio tra i professionisti MEU sulla violenza agli operatori sanitari di Pronto Soccorso e Emergenza Pre-Ospedaliera.
Hanno riposto circa 500 professionisti, dei quali il 70% medici, il 28% infermieri e il 2% operatori socio-sanitari. Ne risulta che la violenza produce un peggioramento della qualità delle cure, e la fuga dei professionisti della salute. La survey evidenzia una situazione grave perché il 98% degli operatori italiani dell'emergenza-urgenza ha ricevuto un qualche tipo di aggressione durante la sua carriera, che è stata una violenza fisica nel 54% degli intervistati - spiega Alessandro Riccardi, Presidente nazionale SIMEU -. Emergono inoltre alcuni scenari allarmanti, perché se il 10% degli intervistati abbandonerebbe immediatamente il sistema dell'emergenza-urgenza se ne avesse la possibilità nel 90% delle risposte la causa degli abbandoni risiede in un ambiente lavorativo gravato da questioni non proprie dell'emergenza-urgenza, come gli accessi non urgenti". Infine Riccardi sottolinea che "quando un cittadino aggredisce anche solo verbalmente un operatore, non fa altro che danneggiare se stesso". Il 64% dei professionisti dichiara infatti di aver cambiato il proprio atteggiamento nei confronti dei pazienti come reazione al fenomeno. Per l'88% la soluzione risiede nel miglioramento del servizio, oltre che nello sviluppo di una comunicazione efficace ai cittadini, centrata sul valore e sulla complessità del servizio stesso".
"Le violenze contro il personale medico, sanitario e sociosanitario sono un’emergenza e un paradosso, perché le vittime sono lì ogni giorno per curare anche coloro che li aggrediscono". A dirlo è Pietro Dattolo, presidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Firenze, in occasione della Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari e socio-sanitari.
"La legge varata dal Parlamento contro le aggressioni è utile ma non basta: il fenomeno non accenna a diminuire. Servirebbero forze di polizia in tutti gli ospedali – dice Dattolo - perché medici e personale sanitario devono poter lavorare in sicurezza. Il rispetto per chi opera in prima linea per la salute pubblica non può essere residuale".
"Anche in Toscana – ricorda Dattolo - si è registrata una escalation di aggressioni al personale sanitario, come è emerso dalla ricerca ‘Violenza nella professione medica’ commissionata dal nostro Ordine. Il 56,7% del personale sanitario toscano è stato vittima di aggressioni e il 50% ha subito più di un episodio di violenza. Più della metà dei lavoratori under 30 ha subito violenza durante l’esercizio della professione. Le vittime sono per il 59% donne. La maggior parte delle aggressioni è di tipo verbale, ma non mancano minacce e violenze fisiche" "A percorsi di prevenzione e dissuasione della violenza – dice il presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze - si deve accompagnare una svolta culturale. Tutti i lavoratori della sanità e del sociosanitario devono sentirsi sicuri e supportati. E tutti sono chiamati a denunciare, anche le aggressioni verbali". "Da tempo – conclude Dattolo – siamo impegnati in una campagna di sensibilizzazione per un rinnovato patto tra cittadini, medici e istituzioni. Il punto è far passare il messaggio che i medici sono i primi alleati dei pazienti, non la loro controparte. Bisogna ricostruire questo rapporto, che purtroppo si è complessivamente incrinato, giorno dopo giorno, visita dopo visita".
Una piattaforma comune per segnalare i casi e analizzarli, allo scopo di avere un quadro complessivo e adottare opportune strategie di prevenzione. Lo chiede l’Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Modena commentando l’incontro a Modena in occasione della Giornata di prevenzione contro la violenza sugli operatori sanitari e sociosanitari che si celebra ogni anno il 12 marzo. «È stato un confronto positivo e utile – affermano la vicepresidente dell’Ordine dei medici Laura Casari e il tesoriere Stefano Reggiani – Anche l’Ordine dei medici di Modena ha istituito nel 2017 un osservatorio sulla violenza ai sanitari. L'Osservatorio raccoglie le segnalazioni di violenza subita dai medici e dagli odontoiatri che operano in strutture ospedaliere, sul territorio compreso i liberi professionisti. In passato il presidente, Dott. Curatola, ha presentare un esposto alla Procura della Repubblica in merito e non v’è dubbio che, anche grazie alle nostre azioni di sensibilizzazione, in questi ultimi anni sia aumentata l’attenzione delle istituzioni verso questo preoccupante fenomeno. L’inasprimento delle pene è positivo, così come l’impegno delle aziende sanitarie ad aumentare la sorveglianza. Tutto questo, però, rischia di servire a poco se non cambia il clima culturale. Speravamo che la fine dell’emergenza Covid riportasse un po’ di serenità nei rapporti medico-paziente. Purtroppo questo non si è verificato – sottolineano Casari e Reggiani - negli ospedali, i reparti più a rischio, come psichiatria e i pronto soccorso, le situazioni delicate, unite alle carenze di personale, possono creare un mix potenzialmente rischioso per gli operatori, nonostante l'impegno profuso dalle forze dell'ordine e dalla vigilanza. Rivolgiamo un accorato appello ai cittadini: metteteci in condizione di lavorare in serenità e sicurezza. Per tutelare efficacemente la salute della popolazione è indispensabile la collaborazione di tutti», concludono la vicepresidente e il tesoriere dell’Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Modena.
In occasione della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, le associazioni AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, da sempre in prima linea, sin dalla loro origine, contro ogni fenomeno di aggressione fisica e verbale contro i professionisti della salute, lanciano un allarme forte e chiaro: il fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari in Italia ha raggiunto livelli allarmanti, con un incremento del 33% nel 2024 rispetto all’anno precedente.
"Oggi più che mai le nostre associazioni sono in prima linea per difendere i professionisti della salute, siano essi italiani o di origine straniera. Il nostro impegno non è mai stato così forte. La violenza contro il personale sanitario è un atto intollerabile che minaccia la sicurezza, la salute e l'intero sistema sanitario del nostro Paese". Esordisce così nella sua analisi il Presidente Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto in salute globale, Direttore dell’AISC (Agenzia Britannica Internazionale Informazione Senza Confini), membro del Registro Esperti FNOMCEO, quattro volte consigliere dell'OMCeO di Roma e docente dell’Università di Tor Vergata.
Nel 2024, sono stati registrati 25.940 episodi di aggressioni nei confronti di medici, infermieri e altri operatori sanitari. La violenza, che non si limita agli episodi fisici ma include anche violenze verbali e molestie, sta colpendo in particolare le professioniste sanitarie di origine straniera, con un aumento del 35% negli ultimi cinque anni. Tra queste, un picco di violenza si è verificato tra le dottoresse provenienti dai Paesi dell'Est, con il 5% che ha lasciato l'Italia nel 2024.
Il Prof. Aodi sottolinea con fermezza: "Non possiamo più tollerare che gli ospedali e le strutture sanitarie diventino luoghi di violenza e insicurezza per chi vi lavora. È fondamentale agire ora, con soluzioni concrete e tempestive. La sicurezza dei professionisti della salute deve diventare una priorità nazionale. Bisogna fermare questa escalation e dare un segnale chiaro che chi aggredisce i medici e gli infermieri non resterà impunito". "Le nostre associazioni, unite, sono impegnate a difendere e valorizzare il collettivo degli operatori sanitari, promuovendo soluzioni pratiche e urgenti", prosegue Aodi.
Il valore e la dignità del lavoro sanitario
La crisi che stiamo vivendo non è solo una questione di numeri e statistiche, ma una questione di dignità e valorizzazione del lavoro sanitario. Non è più sufficiente guardare i dati con preoccupazione: è necessario un cambio di mentalità nella società. I professionisti della salute, italiani e stranieri, devono essere rispettati e protetti in quanto parte fondamentale della nostra collettività. La sanità, che già affronta le difficoltà di un sistema sotto pressione, non può permettersi di cedere al degrado e alla violenza. Il Prof. Aodi aggiunge: "Il nostro impegno è rivolto a rafforzare il concetto di collettivo, perché insieme siamo più forti. In un momento di crisi, dobbiamo riscoprire l'importanza di lavorare fianco a fianco, medici, infermieri e operatori di ogni origine e specializzazione, per garantire un servizio sanitario equo e sicuro per tutti".
La violenza contro le professioniste sanitarie straniere: un fenomeno crescente
Negli ultimi cinque anni, le violenze verbali, fisiche e le molestie sessuali contro le professioniste sanitarie di origine straniera sono aumentate del 35%. Le dottoresse provenienti dai Paesi dell'Est sono particolarmente vulnerabili. Un caso emblematico riguarda una dottoressa di origine africana, specializzata in urologia, che ha lavorato in cinque diverse regioni italiane, cambiando costantemente posto di lavoro a causa di molestie sessuali. Esausta, ha infine deciso di tornare in Africa: "Non ce la facevo più", ha dichiarato al Presidente Aodi Questo caso rappresenta solo una delle tante storie di sofferenza e frustrazione di professionisti che, pur di servire il nostro Paese, sono costretti a subire abusi inaccettabili.
Il Prof. Aodi riflette anche sul tema della mancanza di denuncia: "Una delle problematiche più gravi è che, nonostante il dolore e le violenze subite, la maggior parte delle vittime non denuncia. Questo perché temono ritorsioni, intimidazioni o, addirittura, il licenziamento. Dobbiamo rompere il silenzio e permettere a chi è vittima di violenze di sentirsi supportato e protetto".
Un fenomeno globale mai così grave
Le aggressioni al personale sanitario sono in crescita anche a livello internazionale:
Il Prof. Aodi afferma con determinazione: "Il problema non è solo italiano, ma è un fenomeno globale. Paesi come l'Egitto e la Giordania stanno adottando misure drastiche, mentre in Europa e negli Stati Uniti la violenza contro il personale sanitario sta aumentando a ritmi esponenziali. Serve una risposta forte, con leggi più severe, protezioni adeguate e, soprattutto, una forte solidarietà tra colleghi".
Proposte per fermare l'escalation della violenza
Per affrontare questa emergenza, AMSI, UMEM e Uniti per Unire propongono le seguenti soluzioni, che vanno oltre il semplice intervento legislativo e si concentrano anche su un modello di proattività collettiva e inclusiva:
«Il problema è di fondo di natura culturale, perché purtroppo alle origini delle aggressioni, oltre alla malorganizzazione sanitaria, che non è mai giustificata perché non è colpa dei professionisti della sanità, l'organizzazione sanitaria deve essere pari con l'alto grado della professionalità dei professionisti della sanità, per questo bisogna cambiare mentalità.
Al primo posto, come posto di aggressione, sono il pronto soccorso e poi le aziende sanitarie, le ASL, oltre anche la sanità privata, vittima di aggressioni, specialmente con l'aumento dell'età, la maggior parte oggi le aggressioni vengono dai figli o dalle figlie di anziani, ma tante volte per giustificare l'amore verso i genitori si scaricano questa mancanza di stare vicino ai loro genitori nei confronti dei professionisti della sanità.
Per questo tutte le leggi che sono state messe in atto, o altri provvedimenti, ma non bastano, bisogna cambiare radicalmente la cultura e proteggere i professionisti della sanità.
Le aggressioni sono al primo posto di abbandono dalla sanità pubblica e la fuga all'estero, con la medicina difensiva e lo stress lavorativo, nonché sono direttamente collegate al triste fenomeno della medicina difensiva contro cui le nostre associazioni si battono da tempo», afferma ancora Aodi. Il Prof. Aodi conclude con un appello forte e chiaro alle istituzioni: "I professionisti della salute meritano rispetto, protezione e dignità. Chiediamo al governo e a tutte le istituzioni competenti di prendere provvedimenti immediati e concreti per fermare questa escalation di violenza. È il momento di unire le forze e lottare per tutelare chi si prende cura della nostra salute ogni giorno, senza paura".
In occasione della celebrazione il 12 marzo della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani (FNOVI) ribadisce con forza la sua condanna verso ogni forma di violenza e sottolinea l'importanza di tutelare la sicurezza dei medici veterinari, sia dipendenti pubblici e privati che liberi professionisti. FNOVI ha voluto realizzare anche quest’anno una locandina rivolta alla cittadinanza, con lo scopo di sensibilizzare la popolazione sulla gravità che rivestono gli atti di violenza nei confronti del personale sanitario, promuovendo un sentiment positivo nei confronti degli operatori sanitari.
Il messaggio scelto dalla Federazione "Le vere storie di tutela della salute non prevedono scene di violenza" vuole sottolineate che la sicurezza degli operatori sanitari è presupposto imprescindibile per la tutela della salute umana, degli animali e degli ecosistemi. La violenza, in qualsiasi forma, è inaccettabile, ma lo è ancor meno quando diretta contro coloro che dedicano la propria attività lavorativa alla salvaguardia della salute. In sintesi, il messaggio della Federazione è un appello alla responsabilità e al rispetto, un invito a riconoscere il valore del lavoro degli operatori sanitari e a garantire loro un ambiente di lavoro sicuro e protetto."
Purtroppo, gli episodi di violenza nei confronti dei medici veterinari sono in aumento. Le cause sono molteplici e complesse. I medici veterinari dipendenti pubblici, in particolare quelli che operano nei servizi dei dipartimenti di prevenzione garantendo la sicurezza degli alimenti, il benessere e la salute degli animali, sono spesso esposti a minacce e intimidazioni da parte di operatori del settore che non accettano le decisioni prese nell'interesse della salute pubblica. Da ciò consegue che i professionisti e le professioniste si trovano spesso a operare in situazioni di forte tensione, dove rilevanti interessi economici e commerciali sono in gioco, in contesti di mafia e di criminalità organizzata.
I medici veterinari liberi professionisti, che operano nelle strutture veterinarie private e negli allevamenti a garanzia della salute e del benessere degli animali, la prevenzione della diffusione di malattie con particolare riferimento alle zoonosi e al contrasto all’antimicrobico resistenze, sono sempre più spesso vittime di aggressioni verbali e fisiche da parte di proprietari di animali che per esempio non accettano le diagnosi o le terapie proposte.
FNOVI plaude alle recenti misure adottate dalle istituzioni per contrastare la violenza contro gli operatori sanitari, che prevedono anche l'arresto in caso di aggressione. Queste misure rappresentano un importante passo avanti, ma è necessario fare di più per garantire la sicurezza dei medici veterinari che per la loro peculiare situazione di esercizio di funzioni dislocate sul territorio, in aziende private e spesso in realtà rurali isolate, corrono rischi che non possono certamente essere sottovalutati.
Per questo FNOVI si unisce all'appello del Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica (SIVeMP) che chiede con urgenza un intervento legislativo mirato da parte del Governo sulle previsioni del Decreto Legge 1 ottobre 2024, n. 137 di recente approvazione per garantire una maggiore tutela dei medici veterinari e per rafforzare le misure di prevenzione della violenza per chi lavora in contesti territoriali tra i più disparati.
La questione riveste talmente tanta importanza da essere stata declinata tra gli obiettivi del prossimo FNOVI intende proseguire nel suo impegno di promuovere la cultura del rispetto e della non violenza, attraverso iniziative di formazione (appare fondamentale fornire ai medici veterinari una formazione specifica sulla gestione dei conflitti e sulla prevenzione della violenza) , sensibilizzazione (serve promuovere campagne di sensibilizzazione per informare i cittadini sul peculiare ruolo dei medici veterinari a garanzia della salute pubblica) e collaborazione con le istituzioni e le organizzazioni competenti, anche per valutare l’esigenza di un inasprimento delle pene. Solo attraverso un impegno corale sarà possibile garantire un ambiente di lavoro sicuro e sereno per i medici veterinari, che ogni giorno si dedicano con passione e professionalità alla tutela della salute animale e pubblica.
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