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Violata la serratura delle cellule per introdurre farmaci

Farmaci Redazione DottNet | 05/05/2025 19:00

L’importante risultato, pubblicato sulla rivista Cell, si deve al gruppo di ricerca delle statunitensi Duke University, Università del Texas a San Antonio e Università dell’Arkansas

Èstata scassinata la serratura delle cellule: grazie a un nuovo metodo di progettazione dei farmaci, ora è possibile introdurre anche quantità  finora considerate troppo grandi, aprendo nuove prospettive per tutta una serie di trattamenti promettenti, a partire da quelli anti-cancro, che però sono stati accantonati a causa delle loro dimensioni. L’importante risultato, pubblicato sulla rivista Cell, si deve al gruppo di ricerca delle statunitensi Duke University, Università del Texas a San Antonio e Università dell’Arkansas.

I test sono stati  condotti sui topi utilizzando una promettente classe di farmaci antitumorali chiamati Protac: grazie alla nuova tecnica, la quantità di farmaco che è riuscita a entrare nelle cellule è stata dalle 7 alle 22 volte superiore, e il trattamento è risultato fino a 23 volte più efficace.

 “Era del tutto inaspettato, per decenni si è pensato che molecole così grandi non potessero attraversare efficacemente le membrane”, dice Hong-yu Li dell’Università del Texas, tra gli autori dello studio. “Questa scoperta è importante perché potrebbe salvare molti farmaci che in precedenza erano considerati inutilizzabili – aggiunge Hui-Kuan Lin della Duke University, tra i ricercatori – e trasformarli in trattamenti clinicamente utili per le malattie”.

La progettazione di farmaci si concentra di solito sull’ottenere molecole capaci di attraversare facilmente le membrane cellulari in maniera passiva, ma in questo caso si è scelto un approccio diverso: i ricercatori hanno sfruttato il processo naturale chiamato ‘endocitosi’, grazie al quale le cellule possono inghiottire le molecole e i composti di grandi dimensioni. Questo processo viene effettuato dai recettori CD36, abbondantemente presenti sulla superficie delle cellule dell'intestino, della pelle, dei polmoni, degli occhi e persino di alcune cellule cerebrali. Gli autori dello studio hanno, dunque, sviluppato il farmaco in modo da farlo interagire con questi recettori, che lo hanno trasportato all’interno per permettergli di svolgere la sua funzione.

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